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Con gli occhi di Giacomo

Biblioteca LeopardiA Palazzo Leopardi, a Recanati (Macerata), recenti lavori di restauro hanno fatto emergere dalla biblioteca un’alcova con dipinti di mitiche scene notturne; furono compagne del poeta fanciullo? Quale era il percorso di Giacomo tra gli amatissimi libri? I ritrovamenti, che potranno essere visitati solo per un anno, indicano come almeno due delle stanze della biblioteca avessero meno severe ed  insospettabili  destinazioni.

La biblioteca Leopardi, una volta detta libreria, si deve soprattutto all’opera di Monaldo, padre del poeta, che fin dall’adolescenza iniziò a raccogliere libri (a partire dal 1795 circa) e che riuscì a costituire, in un tempo relativamente breve, un patrimonio librario eccezionale per l’epoca. Giacomo studiò qui insieme ai fratelli Carlo e Paolina, sotto la guida attenta ed affettuosa del padre. La biblioteca era infatti il baricentro attorno al quale si realizzava la vita di buona parte della famiglia: una sorta di incessante ed inevitabile conquista della lettura sopra ogni altra attività familiare.

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A Palazzo Leopardi erano sempre i libri, in continuo aumento, a conquistare gli spazi privilegiati e a mutare la destinazione d’uso delle stanze. Monaldo tiene un registro estremamente dettagliato della nascita e della crescita della biblioteca cui dedicherà tutta la sua vita e quindi dai suoi scritti possiamo ricostruire con chiarezza come si presentava ogni stanza in ogni determinato momento.

Fra il secondo ed il quarto decennio dell’ottocento vennero acquisite per la biblioteca le ultime due sale, allora adibite a residenza privata di religiosi della famiglia Leopardi; l’architettura del piano venne così definitivamente modificata: alcune vecchie porte furono murate e pochi Biblioteca Leoparditramezzi abbattuti. Così le vecchie tempere che decoravano le pareti subirono sostanziali modifiche e furono “rimodernate” secondo il gusto dell’epoca e la nuova destinazione degli ambienti. Inizialmente le scaffalature erano poche e di dimensioni assai più contenute, ma, in breve tempo, la quantità di volumi raccolti si accrebbe così tanto che anche le ultime stanze furono ricolme di volumi che nascosero le decorazioni pittoriche.

Grazie alle “Memorie” di Monaldo Leopardi è possibile stabilire che nella sala detta dell’alcova o terza sala, gli scaffali iniziarono a celare l’apparato decorativo delle pareti solo nel 1813, quando Giacomo aveva già 15 anni.  Le tre pagine di catalogazione dei libri di questa sala, scritte di pugno dal Poeta, dimostrano come egli partecipò attivamente, assieme al padre, all’allestimento di questa stanza.  Negli anni successivi si perse memoria di queste decorazioni, poi sopraffatte dalla severità di migliaia di volumi,  fino  a che nell’anno  2006, per poter eseguire i lavori di restauro di alcune parti strutturali del Palazzo, si sono dovute spostare le librerie delle ultime due sale con il loro contenuto di circa 8000 volumi. 

Con gli occhi di Giacomo
La famiglia Leopardi, nel rispetto assoluto per ogni testimonianza storico-ambientale, ha ritenuto opportuno, in accordo con le Soprintendenze competenti, di riportare alla luce e di mostrare quegli arredi e quelle decorazioni nell’intento di ricercare e meglio comprendere ciò che può aver influenzato la formazione del Poeta e che, comunque, ha accompagnato la sua adolescenza e prima giovinezza. 
Per un breve periodo, sarà  quindi possibile  vedere gli ambienti della biblioteca “con gli occhi di Giacomo”, effettuando un nuovo ed emozionante percorso di visita, tra decorazioni pittoriche e alcove dipinte fino a quando  la biblioteca  tornerà al consueto assetto.

Biblioteca LeopardiRitrovamenti e scoperte – L’alcova  della notte
Il ritrovamento di decorazioni pittoriche e spazi segreti rimandano ad una insospettata immagine complessiva di calda e raffinata eleganza. Piccoli salotti e raccolte alcove affacciavano sulla  piazzetta, con una sistemazione certamente meno severa e rigorosa della biblioteca. Raffinate e di colorazioni intense erano le decorazioni alle pareti in tempera magra, che spesso si rifacevano ai tessuti. Come la parete verde mela con righe verticali melanzana e blu che poggiava su una zoccolatura  nei toni del rosa.

Tra le scoperte di maggior impatto per quanti vorranno cogliere l’occasione di una inconsueta visita alla riemersa realtà, c’è la sala dell’alcova, regno della notte, con una lussuosa e colorata “anticamera”. In un piccolo vano delimitato da un arco a tutto sesto, una composizione pittorica invita al richiamo del sonno ed alla solennità della notte. Per molto tempo celato, questo piccolo capolavoro di segni e colori accompagna verso un riposo sereno, idilliaco. I cartigli dipinti  suggeriscono di “NON TIMEBIS A TIMORE NOCTURNO” e “IN PACE IN IDIPSUM DORMIAM ET REQUIESCAM”. La civetta, che pur essendo animale notturno è simbolo di conoscenza, esorta a sconfiggere il timore dell’ignoto, di ciò che non è visibile, quindi a non aver paura della notte. Il soldato armato, a riposo, fa cenno con l’indice di far silenzio e, insieme al leone, simbolo del coraggio necessario per sconfiggere le paure inconsce, veglia sul riposo del dormiente.

La mostra
I mondi di Giacomo”  è una mostra che racconta  la scoperta  e il ritrovamento dell’alcova e dei decori e che intende spiegare come la biblioteca fosse il luogo privilegiato, oltre che della formazione del poeta, del dipanarsi e del mutare nel tempo del rapporto tra Giacomo e Monaldo. 
Il padre regnava affettuosamente  ma attentamente in quello spazio dedicato ai libri dove anche i fratelli Carlo e Paolina  interfacciavano con il padre  anche come piccoli bibliotecari.

La rassegna, che è curata da Fabiana  Cacciapuoti ,  mette in evidenza i tempi  e i modi  delle produzioni letterarie del poeta a partire dal 1810-1811 quando Giacomo da avido lettore si trasforma in qualche cosa di  più. Con La storia dell’astronomia del 1813  inizia ad emergere  tutta  la futura grandezza  e  modernità del suo pensiero.

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