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Una storia privata. Fotografia e arte contemporanea nella Collezione Cotroneo

Una storia privata. Fotografia e arte contemporanea nella Collezione Cotroneo Circa 150 opere della Collezione Cotroneo, che raccoglie grandi nomi e grandi promesse della fotografia e dell’arte contemporanea, sono esposte dal 19 marzo al 25 maggio 2008 al Museo Bilotti di Roma.

La mostra, che ha per titolo “Una storia privata. Fotografia e arte contemporanea nella Collezione Cotroneo”, racconta la grande avventura della fotografia italiana contemporanea attraverso le scelte rigorose e personalissime di Anna Rosa e Giovanni Cotroneo che hanno fatto dell’arte il filo conduttore della propria vita.

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Nella mostra,  curata da Alessandra MauroFederica Pirani, si ripercorrono le tappe di questa avventura artistica partendo dalle prime opere comprate direttamente dagli artisti fino alle ultime acquisizioni.

Ferdinando Scianna, Kami, 1988, stampa ai sali d’argentoL’esposizione si apre con uno dei famosi specchi di Michelangelo Pistoletto, un “Ritratto di famiglia” in interno che raffigura i Cotroneo e definisce il senso della loro collezione che è, e vuole essere, “familiare”.
Mimmo Jodice, con la sua grandiosa panoramica di Napoli, aiuta quindi a spingere lo sguardo più in là, in un territorio familiare ma ancora da conoscere.

Poi i percorsi in mostra si susseguono incessantemente, raffigurando ora una materia pesante – come il pane da impastare e trasformare di Antonio Biasiucci o le icone di luce di Silvio Wolf – ora raffigurando un’atmosfera rarefatta – come la nebbia che avvolge le polaroid di Luigi Ghirri, il crepuscolo nella Genova di Vincenzo Castella, la pioggia incessante di Bruna Esposito, i paesaggi di Paolo Mussat Sartor.
La città è protagonista con il suo silenzio magico nei notturni di Raffaela Mariniello, esplode nei volumi colorati di Franco Fontana, si scompone sotto lo sguardo di Gabriele Basilico, diventa affresco corale nella Bagnoli o nella Tokyo di Francesco Jodice. Città che, infine, si trasforma in puro incanto, nelle immagini di Venezia di Gianni Berengo Gardin.

Gianni Berengo Gardin, Venice, 1959Il racconto diventa reportage con Ferdinando Scianna, testimonianza con Luciano D’Alessandro, ritmo inverso con Sabrina Mezzaqui, caos di forme con Beatrice Pediconi, rigore di forme astratte con Lorenza Lucchi Basili, ricordi fatti di oggetti con Luigi Ontani o ricordi di una guerra mai combattuta con Paolo Ventura.

L’esposizione raggiunge poi i luoghi dell’arte, ritmati dai flash incessanti nel video di Grazia Toderi ma anche riproposti attraverso il racconto delle esperienze vissute in Claudio Abate e in Elisabetta Catalano.

Il corpo, infine, si ritrova al centro della narrazione. Celestiale in Vettor Pisani, evanescente in Roberto De Paolis, addirittura sezionato in lamelle sottili in Paul Thorel. Dopo tanta materialità non rimane che un’immagine leggera, che segue il vento come i teli stesi al sole di Mario Giacomelli.

Come in un gioco sapiente, la fotografia e l’arte italiana contemporanea intrecciano i legami e confondono continuamente i termini e i limiti della raffigurazione. Alfredo Pirri, con la sua installazione, realizzata appositamente per la mostra, chiude idealmente questo percorso affermando, semplicemente, che il senso dell’arte è saper esercitare sempre uno sguardo nuovo sul mondo.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Contrasto.

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