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Gio Ponti. Il fascino della ceramica

Gio Ponti: I progenitori, 1923 piatto, porcellana policroma

Il Grattacielo Pirelli di Milano ospita dal 6 maggio al 31 luglio 2011 una mostra del suo ideatore e creatore, Gio Ponti.
L’esposizione, curata da Dario Matteoni, è dedicata alla figura di Gio Ponti designer e presenta una raffinata collezione di ceramiche, realizzate in particolare tra il 1923 e il 1930 per la manifattura Richard Ginori.

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Un primo filo conduttore è quello della iconografia declinata da Ponti nei suoi decori. Attraverso alcune delle serie più note come La conversazione classica, Le mie donne, La venatoria, presentate con i pezzi più significativi, si ripercorre un repertorio figurativo unico nella sua carica innovativa, seppure costruito in un sapiente confronto e dialogo con l’antico e la classicità, repertorio che ha concorso alla definizione di un sofisticato gusto rivolto ad una borghesia intellettuale e moderna.

Il confronto con l’antico è un secondo filo di lettura della mostra, a partire dalle forme che traggono fonte d’ispirazione dal mondo greco, etrusco, romano: oggetto emblematico di questo filone è la grande cista dedicata al critico d’arte e giornalista Ugo Ojetti.
Qui le figure dell’architetto, del filosofo, dell’edile animano uno spazio immobile, forse una possibile città ideale. E ancora urne e vasi accolgono decorazioni che manifestano con evidenza il ricorso alla citazione archeologica.

La sequenza delle coppe, da I funérailles di Thais, al Circo Alato, Velesca offrono poi l’opportunità di seguire nella serialità delle forme e nella variazione dei decori le curiosità di Ponti verso le contemporanee esperienze figurative.

Il rapporto di Gio Ponti con la manifattura Richard-Ginori sgombra il campo da tutti i luoghi comuni sulle priorità nella formazione di un architetto, secondo le quali l’architettura si configurerebbe come arte maggiore e il design come arte minore, di risulta. Non di minore interesse è la presenza di alcuni decori che fanno riferimento all’architettura, tratti da un vasto repertorio di ispirazione palladiana, ma anche connessi alle coeve esperienze che Ponti avviava nella sua prima attività professionale, in primo luogo con la casa di Via Randaccio. È questo un altro dei fili conduttori che la mostra intende indagare, anche attraverso il confronto con alcuni disegni preparatori per la sua produzione, veri e propri studi di architetture: quelle architetture che impaginano i personaggi di questa grande commedia, sospesi in uno spazio dalla rigorosa costruzione classica.

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