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Recensione | Hadewijch – Film di Bruno Dumont

Locandina del film Hadewijch Le più recenti pellicole dei maggiori maestri francesi (Chabrol, Assayas, Tavernier, Doillon…) da noi passano ormai direttamente in dvd o attraverso gli schermi televisivi. Le sale cinematografiche le ignorano, anche le sale d’essai, intasate come non mai di opere men che mediocri o decisamente ignobili. E invece film come Hadewijch di Bruno Dumont (il titolo allude ad Hadewijch d’Anvers, una mistica fiamminga del XIII secolo) andrebbero fatti vedere nelle scuole e studiati con grande attenzione.

La ricerca spasmodica del Bene assoluto che diventa resa incondizionata al Male assoluto. La tensione ad alterum che, nella sua delirante ostinazione, diviene (fatalmente?) furore fanatico e omicida. L’anelito a Cristo, vissuto come un amore intransigente, nutrito di purezza e castità, e, al tempo stesso, come una passione devastante, insana, sì da delineare, per l’eroina del film, un torbido itinerario di perdizione, un tragitto verso l’annientamento. Hadewijch è una pellicola capace di riflettere su temi forti adottando una cifra stilistica di esemplare rigore e lucidità.

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La sua messa in scena esibisce, nella parte iniziale, un’austerità bressoniana (inquadrature prolungate che indugiano sul volto degli attori a coglierne l’intensità segreta, il paesaggio dell’anima), per poi operare una serie di brusche cesure, di arrischiate ellissi di montaggio (il trasferimento di Céline e Nassir in Medio Oriente; la loro presenza nella metropolitana di Parigi), dove è possibile cogliere il magistero del cinema di Pialat. Da ultimo la narrazione si riavvolge inopinatamente su se stessa, per ripartire daccapo e restituire all’incipit una luce nuova e disorientante, in un gioco privo di volute soluzioni, dove lo scioglimento dei nodi non concede allo spettatore risposte certe e rassicuranti sul significato morale dell’opera.

Dopo qualche prova incerta o non del tutto convincente, Dumont recupera qui la densità espressiva della sua pellicola d’esordio, L’età inquieta. E come avveniva già in quel film, anche in questa occasione il lavoro sulla fisicità degli interpreti (tutti rigorosamente non professionisti) acquista un respiro particolare. Ancora una volta l’attenzione dell’autore si rivolge alle piccole esitazioni dei suoi giovani attori, il cui candore disarmante saprà tradursi in una serie di sguardi, di gesti, di movenze spontanei e vibranti, tali da rendere assolutamente credibile lo spazio interiore dei personaggi.

Le stesse figure dei terroristi islamici non vengono mai demonizzate, e proprio per questo esse ci appaiono scandalosamente autentiche e sconvolgenti. Forse troppo sconvolgenti per chi ancora si ostina a inseguire illusioni generose di una pacifica convivenza tra le fedi, miraggi che la cronaca di ogni giorno s’incarica puntualmente di sconfessare.

Nicola Rossello

Scheda film

Titolo: Hadewijch
Regia: Bruno Dumont
Cast: Julie Sokolowski, Yassine Salime, Karl Sarafidis,David Dewaele
Durata: 120 minuti
Genere: Drammatico
Distribuzione: Tadrart Films
Data di uscita: 25 novembre 2009

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