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Salvatore Martino – Aldo Moro. Il seme amaro della speranza

Copertina del libro di Salvatore Martino intitolato "Aldo Moro. Il seme amaro della speranza"Premessa
Prima che si compisse il mio quinto compleanno, la maledetta guerra nel 1945 mi falciò il padre, costringendomi a vivere orfano, con tutte le brutte e negative conseguenze che da questa condizione potevano derivarmi sia a livello affettivo che economico.
Nessuno poteva più ridarmi mio padre, e, a completare il triste quadro, c’è da aggiungere che, nonostante una legge sulle pensioni di guerra fosse stata poi emanata dal VI Governo De Gasperi il 10 agosto 1950 (la 648 che nelle sue successive integrazioni del 1951, VII Governo De Gasperi, prevedeva l’estensione delle provvidenze, contemplate dagli articoli 10 e seguenti, anche “alle famiglie di cittadini italiani morti per qualsiasi fatto di guerra, anche se aventi aderito alla ex repubblica sociale italiana o comunque prestato ad essa servizio militare o civile”), successe che, a causa del difetto di informazione e della lentezza della macchina burocratica, solo dieci anni dopo la data di emanazione, e a quindici dalla fine della guerra, mia madre riuscì ad avere una piccola ed insufficiente pensione.

La mia fanciullezza fu triste e nella mia prima giovinezza, quando seppi che il suo sangue versato era il sangue di uno dei vinti,  covavo odio per gli alleati americani, che con un mitragliamento aereo mi avevano privato di una figura importante per la mia vita e per quella della mia famiglia. Odiavo quindi tutti i filoamericani, democristiani e compagnia. Odiavo De Gasperi, Fanfani, Cassiani e naturalmente Moro, che era uno di loro.
Non avevo compreso allora, e forse non potevo comprendere per vari motivi, principalmente per l’età e la mancanza d’informazione, la figura di Aldo Moro, politico e statista, che fu tra i padri della Costituzione della Repubblica Italiana.

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Incominciai a porre più attenzione alla politica, e quindi anche ad Aldo Moro, a partire dal Congresso di Napoli del 1962 che lo vide protagonista. A quel tempo mi trovavo proprio in quella città dove intraprendevo i miei studi universitari. A Napoli allora la Democrazia Cristiana iniziava a parlare di apertura a sinistra. Ne seguirono governi di centro-sinistra con la partecipazione dei socialisti e con buone riforme, ma quelli furono anche anni distubati dal terrorismo di estrema destra e di estrema sinistra. Furono quelli gli anni definiti “di piombo”, ma anche quelli che portarono all’esigenza di un governo con la partecipazione dei comunisti (compromesso storico), cosa che nel 1978 (16 marzo) portò al rapimento di Moro con l’uccisione della sua scorta da parte delle brigate rosse e alla sua successiva uccisione il 9 maggio dello stesso anno, dopo 55 giorni di prigionia.

Considerazioni sulla politica
L’uscita, presso l’editore Ferrari, di una stimolante pubblicazione dovuta al professore Salvatore Martino, Aldo Moro. Il seme amaro della speranza, mi spinge a meditare su alcune considerazioni inerenti alla politica.

Ebbene, bisogna dire che non mancano espressioni che mirano a screditare la politica. Due per tutte : «La politique est destinée à tromper le masses» [la politica è destinata a ingannare le masse popolari], dovuta a Roger Peyrefitte, e «La politique est l’art d’empêcher les gens de se mêler de ce qui les regarde» [la politica è l’arte di impedire che la gente si immischi in ciò che la riguarda], dovuta a Paul Valéry.
Se a quanto detto poi si aggiunge il comportamento immorale di tanti “politici”, in ogni tempo e specialmente in tempi recenti, cosa nociva per la comunità, ci assale una tristezza letale per la fede nella libertà e per la volontà di difendere questa stessa libertà.

Per scongiurare il pericolo di una tale disastrosa evenienza e in aderenza all’affemazione di Gérard de Nerval «On ne peut empêcher les gens de parler, et c’est ainsi que s’écrit l’histoire» [Non si può impedire che la gente parli, ed è così che si scrive la storia] gradita e necessaria arriva allora, per chi crede che la politica è un servizio offerto, nel rispetto della persona umana e della sua dignità, per la realizzazione del bene comune, la pubblicazione del libro di  Savatore Martino Aldo Moro. Il seme amaro della speranza (Ferrari editore, 2012).

“Il sangue dei vinti” è “il seme amaro della speranza”
Presentata per la prima volta a Roma, martedì 13 novembre 2012, presso la Camera dei Deputati, nella Sala della Mercede di Palazzo Marini, l’opera contiene il sigillo di una puntuale ed entusiasta prefazione dovuta a Tommaso Greco, docente di Filosofia del Diritto all’Università di Pisa, il quale sottolinea come nel lavoro emerga chiaramente e sia abbondantemente sostenuto che l’elemento dominante nel pensiero e nell’azione del cattolico, uomo politico e cattedratico, Aldo Moro (1916-1978) sia l’ostracismo dato all’«astrattismo inconcludente» e al «pragmatismo senza etica».

La narrazione del Prof. Martino ci porta alla conclusione, condivisibile, che i valori e gli ideali coltivati da Aldo Moro ( «inclusione», democrazia come «fenomeno espansivo», ricerca delle più ampie convergenze possibili per una pacifica convivenza [sino alla possibilità di «convergenze parallele»], difesa della persona umana) sono il lievito, l’ossigeno del vivere civile e della pace. Questo dunque le convinzioni di un uomo che senza dubbio doveva aver fatto suo il motto di Henri Bergson «Il faut agir en homme de pensée et penser en homme d’action» [Bisogna agire da uomo di pensiero e pensare da uomo d’azione].

Ma le insidie contro ideali così alti sono tante e spesso l’emozione e gli interessi economici collegati alle voglie dell’avere e dell’apparire prevalgono sulla cristiana razionalità, per cui ritengo possa tornare utile meditare su una massima di Luc de Clapier, marchese di Vauvenargues: «L’arte di ingannare è l’arte di piacere».

Ebbene dalla lettura della narrazione accorata e precisa che Martino ci dà della vita di Aldo Moro e delle vicende storiche nazionali e internazionali, che lo videro tra i maggiori protagonisti per decenni dalla fine della II Guerra Mondiale agli anni Settanta del Novecento, cioè dalla ricostruzione postbellica al boom economico e alla successiva crisi economico-sociale, traiamo la conclusione che probabilmente, ad un certo punto della sua storia e della storia del mondo, la sua vita, cioè la sua presenza, in tempi moralmente cambiati, era troppo ingombrante: egli non piaceva più perché non era capace di ingannare, per questo fu eliminato.

Sembrerebbe dunque che il destino amaro dell’uomo sia quello di ingannare e di farsi ingannare. Ma nel titolo del libro Martino ci comunica la speranza che il sangue sparso con il martirio possa essere la semina da cui nascerà un’Italia migliore con uomini nuovi guidati da princìpi cristiani.

L’avvento della verità arriva attraverso il sangue dei vinti e, se la sappiamo cogliere, essa mette al bando le ideologie, o quanto meno ne abbatte la presunzione di assolutezza cedendo il passo all’apporto di idee in un pacifico e democratico confronto per il raggiungimento del bene comune. Solo così “il sangue dei vinti”, che ci è stato ricordato nell’omonimo libro di Gianpaolo Pansa, può coniugarsi con “il seme amaro della speranza” che Salvatore Martino ha scelto per titolare questo suo interesantissimo ed appassionato romanzo storico su Moro, che tutti gli italiani di ogni fede politica dovebbero leggere con profonda meditazione.

Le “convergenze parallele”
In quanto detto si può recuperare il senso che nel pensiero di Moro ha l’espressione “convergenze parallele”, infatti per lui la pace ed il bene comune si guadagnano grazie alla costruzione di veri e solidi percorsi condivisi. Ancora oggi si discute se sia stato Moro o altri a coniare questa espressione linguistica, ciò conta poco, certo, essa apparteneva, ed è la cosa più importante, alla sua stuttura mentale. Dire che l’espressione “convergenze parallele” è un ossimoro, un bizantinismo linguistico, è il frutto di una visione monoculare, o quanto meno dovuta ad occhi e mente dove è predominante l’influsso della geometria euclidea, noi sappiamo però che nelle geometrie non euclidee la convergenza parallela è possibile. I centri emozionali del nostro cervello, la nostra coscienza, non soggiacciono solo al V postulato di Euclide, altrimenti non potremmo conoscere o concepire l’amore.

Se riflettiamo bene, ogni momento della nostra vita è un convergere con l’altro, eppure ognuno di noi è diverso, nel senso che ogni uomo è un complesso unico, irripetibile di esperienze e pensieri, di sentimenti ed emozioni. Ognuno ha la sua personalità, il suo carattere, ma per il fatto di essere animali sociali, a nessuno è consentito essere un’‘isola’. I rapporti umani sono una utile e necessaria trasgressione del dettato del V postulato di Euclide.

Il servo di Dio, una guida sicura
Ora c’è da dire che non mancano quelli che affermano che di martirio si deve parlare quando si pensa alla fine di Aldo Moro. Tra questi Michele Placido, interprete della fiction televisiva in due puntate  Aldo Moro – Il Presidente, prodotta dalla TaoDue di Piero Valsecchi, diretta da Gianluca Maria Tavarelli, andata in onda su Canale 5 il 9 e 11 maggio 2008 in occasione del trentennale dalla morte dello statista. Egli così si espresse: “Ci tengo a ricordare che Aldo Moro è stato un martire. E che della sua fine si parla troppo poco come di un martirio”.

Certo non se ne dimenticò la Chiesa. Infatti, il 16 marzo 2008, giorno della domenica delle Palme, a trenta anni esatti dal suo rapimento, il vescovo di Caserta, Raffaele Nogaro,  nell’omelia pasquale ha espressamente chiesto l’avvio di un processo di canonizzazione per Aldo Moro: “uomo di infinita misericordia, che perdonò tutti” [vedi voce Aldo Moro in Wikipedia]. Quattro anni dopo, precisamente il 20 settembre 2012, dopo il nulla osta del vicario del Papa, cardinal Agostino Vallini, che ha dichiarato lo statista Aldo Moro «servo di Dio», presso il tribunale diocesano di Roma ha inizio l’inchiesta per la sua beatificazione [vedi voce Aldo Moro in Wikipedia, che riprende  la notizia dalla Gazzetta del Mezzogiorno del 24 settembre 2012].

Nel libro di Salvatore Martino si coglie chiaramente un’aria di ammirazione e rispetto per questo servo di Dio. Ma c’è di più. Martino sviluppa il suo tema attraverso due piani narrativi che si intrecciano, con una struttura snella ed un linguaggio chiaro e scorrevole. La storia dell’ultimo mattino di Aldo Moro, con il suo amaro epilogo, viene così diluita all’interno della narrazione della storia della sua vita e di quella dell’Italia che va dal triste momento del secondo dopoguerra agli anni  Settanta del Novecento, periodo storico che lo vide studente, membro e poi presidente della Fuci, cattedratico, uomo politico e statista, più volte ministro e più volte presidente del Consiglio, uomo di prestigio a livello nazionale e internazionale.
Un grazie a Salvatore Martino per averci ricordato, attraverso la storia di un politico di razza, la giusta rotta “verso una terra in cui tutti abbiano un compito ed un ruolo da svolgere nel presente per costruire la futura umanità”.

Rinaldo Longo

Scheda libro

Autore:  Salvatore Martino
Titolo:  Aldo Moro. Il seme amaro della speranza
Editore:  Ferrari
Prezzo: € 15,00
Pagine:  232
Anno:  2012

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