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Ritorno al civico 117a. Testimonianza di una mattinata di protesta per il diritto a curarsi con il metodo Stamina

Roma manifestazione curarsi non è un reato - 11 © Foto di Diego Pirozzolo

Mi chiedevo se avessero avvistato una macchiolina luminosa in lontananza. Se le vedette sulla ridotta più a nord scorgessero un minimo movimento nel deserto. Sorridevo mentre pensavo. Intanto mi spintonavo bonariamente con alcuni colleghi giornalisti per prendere la posizione. Sorridevo, mentre a Roma c’è uno splendido sole di novembre, l’aria pizzica un po’, ma complessivamente avvolto nel tranch si sta discretamente bene.
Montecitorio è monumentale questa mattina. Risplende nei colori pastello ed è perfettamente fotogenico nella luce diffusa dalle nuvole che attraversano il cielo. Ecco che inizia il clou della manifestazione “Curarsi non è reato”. Ci sono i malati che per protesta si dissanguano con una siringa. Partono i flash, le foto, le video riprese. Loro sono di fronte a noi, come se fossimo un plotone di esecuzione. Gli altri sparano, anch’io sparo, mentre qualcuno grida, piange, intima di fermarli. Intanto il sangue cola sulla strada, sui ritratti di politici, sui manifesti della lotta. I loro volti sono sereni, dignitosi nella malattia, nel martirio.
I malati sembrano statue trafitte dal dolore, ma pacati, impassibili, eleganti, sicuri della loro battaglia, insensibili al dolore fisico. Guardandoli mi viene in mente un quadro nella chiesa di Santa Maria in Aquiro, a pochi passi da Montecitorio: il martirio di San Sebastiano (Scuola lombarda XVII secolo). La raffigurazione mostra il santo legato ad un tronco trafitto dalle frecce. I suoi occhi sono teneramente distanti, quasi lieti di morire per una giusta causa. Non c’è phatos, dramma, disperazione nella scena, si avverte una dignitosa, tenera, compostezza nel subire il martirio. Anche i malati sono in questo stato, i loro volti sono San Sebastiano, il loro sangue è ‘acqua’, mentre io continuo a farmi largo per fotografarli. Non capisco, ma vedo il dolore.

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Non si capisce quello che si avverte. Per quanti amici un uomo possa avere, è sempre solo nel dolore.
Noi ora noi siamo a casa, mentre loro in tenda, siamo con simpatici amici, mentre loro in compagnia della malattia.
Come sono andate le cose? Come andranno?
Penso al deserto in cui si trova la loro tenda. Scorgeranno la terra promessa? La vedetta dell’ultima ridotta vedrà arrivare i Tartari dal deserto del nord?

Diego Pirozzolo

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