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La ragazza senza nome, un film dei fratelli Dardenne – Recensione

La ragazza senza nome © Christine Plenus E’ vero: un film come La ragazza senza nome può suscitare a tutta prima una sensazione di déjà vu. Le somiglianze, soprattutto tematiche, con le pellicole precedenti dei fratelli Dardenne appaiono all’evidenza: la caparbietà solitaria e “virile” dell’eroina (che ricorda per tanti versi quella di Rosetta, di Lorna, di Samantha, di Sandra…); l’esplorazione delle situazioni di disagio sociale nel Belgio dei nostri giorni (il film è ambientato, una volta ancora, nella banlieue popolare di Seraing, nei pressi di Liegi). Allo stesso tempo, la pellicola resta fedele, sul piano espressivo, alla cifra dei due autori, riproponendo quella scrittura disadorna, aspra e pur rigorosa e sorvegliatissima, con cui i Dardenne conducono da sempre il proprio pedinamento sui personaggi. Emerge anche qui un’ammirevole omogeneità di stile che, venendo a riaffermare la profonda coerenza di un percorso d’autore, ci consente di identificare di primo acchito la mano dei cineasti, la loro intenzione etica e umanitaria.

Nella Ragazza senza nome il congegno narrativo assume le forme di un’inchiesta tesa a far luce sulla morte violenta di una sconosciuta, una giovane donna di colore, che una sera suona invano al campanello dello studio medico di Jenny, e l’indomani è rinvenuta senza vita nelle vicinanze: una linea narrativa che adotta procedure e convenzioni non sempre conformi a quelle dell’indagine poliziesca, laddove l’episodio che innesca il racconto (la porta che resta chiusa fuori dall’orario di visita) rischia di apparire un quid di voluto, un emblema sin troppo dimostrativo della situazione di esclusione in cui sono precipitati i tanti clandestini che affollano le nostre periferie urbane. L’intenzione degli autori non era però quella di usare il meccanismo investigativo per garantire alla narrazione un respiro largo e disteso, che consentisse di far emergere i lati oscuri di un milieu sociale afflitto dalla miseria. I Dardenne hanno scelto piuttosto di rimanere ancorati al personaggio della giovane dottoressa, descrivendone il tormento interiore, seguendola da presso nella sua ricerca. Una ricerca che mira soprattutto a una redenzione morale, la stessa che indurrà i testimoni del dramma a riconoscere le proprie responsabilità, a dire il loro male, per potersi liberare dal senso di colpa che li affligge e trovare infine la pace con se stessi (v’è qui un’eco del bisogno di purificazione che ossessiona il teatro di Anouilh).

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Le perplessità che il film ha suscitato al Festival di Cannes, dove ha ottenuto un’accoglienza alquanto fredda, nascono proprio dal trattamento che è stato riservato al personaggio di Jenny. Un personaggio che, così come ci viene consegnato dai Dardenne (i registi tacciono sulla vita privata e affettiva della ragazza, per concentrarsi unicamente sulla profonda attenzione che essa rivolge ai suoi assistiti), non possiede un’autentica linea evolutiva, ma conserva qualcosa di irrigidito, di irrisolto. Adèle Haenel, che pure è un’attrice eccellente (l’abbiamo ammirata in The Fighters. Addestramento di vita e nei Bambini della notte), appare qui un po’ a disagio in un ruolo che forse non le è congeniale.

Nicola Rossello

Scheda film
Titolo: La ragazza senza nome
Regia: Jean-Pierre e Luc Dardenne
Cast: Adèle Haenel, Olivier Bonnaud, Jérémie Renier, Louka Minnella, Christelle Cornil, Nadège Ouedraogo, Olivier Gourmet, Pierre Sumkay, Yves Larec, Ben Hamidou, Laurent Caron , Fabrizio Rongione, Jean-Michel Balthazar , Thomas Doret, Marc Zinga , Morgan Marinne
Genere: Drammatico
Durata:  106 minuti
Distribuzione: Bim Distribuzione
Uscita: 27 ottobre 2016


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