HomeIn primo pianoL'armonia del vero nella pittura veneta tra '800 e '900

L’armonia del vero nella pittura veneta tra ‘800 e ‘900

Egisto Lancerotto: Canale di Venezia, olio su tela, cm 68,5 x 120,5 Londra, collezione privata
Egisto Lancerotto: Canale di Venezia, olio su tela, cm 68,5 x 120,5 Londra, collezione privata

 

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Villa Contarini, a Piazzola sul Brenta (Padova), ospita dal 10 settembre al 30 novembre 2015 la mostra L’armonia del vero. Vita e paesaggi tra terre e acque (1842-1932), a cura di Luisa Turchi.
Al centro dell’esposizione la pittura veneta di genere e di paesaggio tra Otto e Novecento, con opere di eccellenti maestri della “pittura del vero” nel Triveneto, noti in Italia e all’estero tramite esposizioni d’arte nazionali e internazionali dell’epoca e ancora oggi presenti in musei, gallerie e fondazioni.

Luisa Turchi ha selezionato tele che descrivono, infatti, la vita popolare, il paesaggio lagunare e agricolo dell’entroterra veneto, quello che ebbe nelle campagne e nelle grandi ville, con i loro lussureggianti giardini, il suo fulcro. Un percorso scandito da sessantacinque magnifici dipinti, noti e meno noti, della metà dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento, provenienti da importanti collezioni.

Due i filoni principali del racconto espositivo. Il primo ci introduce nell’ambito delle scene di genere a carattere aneddotico che obbediscono ai criteri del “Vero” e della contemporaneità, ritraendo il popolo nelle sue abituali occupazioni giornaliere, nella quiete domestica delle case in Silvio Giulio Rotta, Giuseppe Barison e Vittorio Emanuele Bressanin, nell’affaccio alle finestre o al balcone di eleganti gentildonne, da Eugenio De Blaas e Stefano Novo a Virgilio Costantini, nelle piazze animate di città o nell’atto di esercitare i mestieri, in Cecil Van Haanen, Angelo Dall’Oca Bianca e Cesare Laurenti, in giro per gli assolati e vivaci “canali” con le imbarcazioni tipiche in Antonio Paoletti, Leo Franz Ruben ed Egisto Lancerotto o in serene passeggiate sul lago di Garda, in Napoleone Nani.

Di gusto differente, ma egualmente scene di genere, sono quelle incentrate sul revival settecentesco, con dame e gentiluomini in costume e in posa, in amabili conversazioni nei salotti borghesi e in piazza San Marco o impegnati in passatempi come “la caccia di farfalle”, in Giacomo Favretto, Alessandro Milesi, Oreste Da Molin e Silvio Giulio Rotta, oppure a passeggio nel verde dei parchi, così ben eternati da una pittrice di fama europea dalla vocazione paesaggistica quale Emma Ciardi.
La campagna e l’entroterra montano sono indagati nelle scene bucoliche di pittori quali Noè Bordignon, Pietro Pajetta e Luigi Cima.

Grande protagonista della mostra è poi il passaggio dal vedutismo al “Vero” come trapasso dal paesaggio tradizionale concepito ancora secondo una visione prospettica canalettiana a quello en plein air rivisto in un’ottica elegiaco-sentimentale, non esente da influssi nordici e declinazioni macchiaiole e impressionistiche.
La Venezia dell’epoca rivive così nella monumentalità altisonante del Canal Grande e di Piazza San Marco con Palazzo Ducale e Riva degli Schiavoni attraverso le vedute cristalline di Carlo Grubacs, Federico Moja, Antonietta Brandeis e Rubens Santoro, o in quelle che uniscono alla ricerca di aspetti luministici una sensibilità d’ispirazione romantica, di Luigi Querena, Friedrich Nehrlich (Nerly) e Ippolito Caffi.
La laguna e l’entroterra veneto, con i canali baluginanti solcati dai bragozzi dei pescatori al lavoro, i casoni da caccia e da pesca, vengono successivamente esplorati dai pittori in diverse stagioni e in condizioni differenti di luce, secondo le ore della giornata: fondamentale in tal senso l’apporto del grande maestro Guglielmo Ciardi e Luigi Nono. Il realismo si accompagna ad un gusto più intimistico, dando luogo ad un tipo di paesaggio lirico in cui la presenza umana si attenua e la natura, interiorizzata, assurge a rappresentazione di uno stato d’animo universale, come in Pietro Fragiacomo. Visioni atemporali silenziose e rarefatte, di luce riflessa e crepuscolare, come in Giuseppe Miti Zanetti, si accompagnano a “impressioni” pittoriche dalle luci brillanti e a colorazioni più ardite, quale quelle di Beppe Ciardi, fino a giungere a Pieretto Bianco, in cui la pittura del “vero” connessa al figurativo si inserisce ormai nel filone del sintetismo decorativo ed espressionista, aprendo la strada a nuove armonie e dissonanze che nasceranno con la nuova pittura contemporanea.

La mostra, che si si avvale di un prestigioso comitato scientifico composto da Myriam Zerbi e Stefano Cecchetto, oltre che da Luisa Turchi, è promossa dalla Regione del Veneto nell’ambito delle iniziative per Expo.

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