A Sondrio, negli spazi espositivi di Palazzo Sertoli e del MVSA Museo Valtellinese di Storia e Arte, dal 15 luglio al 7 ottobre 2016 è in programma la mostra “ Massimo Dolcini. Grafica per una cittadinanza consapevole“.
L’artista è uno dei protagonisti della storia della grafica e della comunicazione italiana e con il suo lavoro è stato uno dei più convinti promotori della “cittadinanza attiva”. Tutti i cittadini, nella sua visione della politica e della società, debbono sentirsi, ed essere, protagonisti delle scelte che li riguardano.
Massimo Dolcini, operando in un territorio all’epoca marginale come le Marche, si ricavò un ruolo da protagonista, meglio da apripista, per quella che sarebbe stata conosciuta come la “grafica di pubblica utilità“, ovvero la grafica al servizio degli utenti, dei cittadini. Espressione e frutto di quel particolare momento storico e politico vissuto dalle amministrazioni pubbliche tra il 1971 ed il 1989. E tuttavia più che mai attuale.
La mostra, che rievoca l’attualità di quell’esperienza, è curata da Mario Piazza, con la direzione di Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra. Consente di spaziare nell’immaginario del grafico marchigiano e capire in profondità il suo pensiero e la sua opera.
L’esposizione presenta Massimo Dolcini nei suoi molteplici volti: grafico, progettista, fotografo, disegnatore, ceramista, imprenditore, didatta, gastronomo, operatore culturale, manager, appassionato uomo civile e artista. Senza tralasciare un aspetto più privato e personale di Dolcini rappresentato, per esempio, dai taccuini che lui stesso disegnava per le figlie.
Dopo gli studi al Corso Superiore di Arte Grafica di Urbino con Albe Steiner e Michele Provinciali, nel 1971 viene incaricato della comunicazione del Comune di Pesaro. Sceglie la strada dell’approccio diretto, comunicativo, riconoscibile. L’obiettivo è di far “parlare” le Istituzioni con i cittadini, coinvolgendoli nel processo dell’amministrare la cosa pubblica. Attraverso i suoi manifesti dal segno inconfondibile, affissi quotidianamente sui muri pesaresi per oltre vent’anni, la cittadinanza veniva informata capillarmente di ogni evento di qualche rilevanza sociale, politica, culturale, urbanistica e sanitaria.
In quegli anni egli definiva se stesso come “grafico condotto”, vedendosi come operatore impegnato in prima persona nel progetto sociale in cui immetteva tutto il suo talento. Nate per Pesaro e i pesaresi, le sue campagne di pubblica utilità diventano presto un vero punto di riferimento per la grafica in Italia, stimolando un dibattito di respiro nazionale sulla progettazione dell’immagine pubblica e facendo conoscere il lavoro di Massimo Dolcini e del suo studio Fuorischema a livello internazionale. La favorevole situazione economica e industriale del pesarese lo aiutò a tradurre in pratica l’idea di una evoluzione della figura di “artigiano-designer” ad una forma di “impresa della comunicazione”, come lui stesso soleva definirla e dove venisse preservata e potenziata la qualità del fare e la trasmissione e condivisione delle conoscenze.