La Collezione Peggy Guggenheim di Venezia ospita, dal 27 gennaio all’ 1 maggio 2018, la mostra ” Marino Marini. Passioni visive“, a cura di Barbara Cinelli e Flavio Fergonzi, con la collaborazione di Chiara Fabi.
In esposizione oltre 70 opere che consentono una inedita lettura di più di cinquanta sculture di Marino Marini e di venti opere, dall’antichità al ‘900, con cui la scultura di Marino si è confrontata.
Nelle prime due sale le teste e i busti degli esordi sono affiancati a canopi e teste etrusche, a una testa greco-arcaica proveniente da Selinunte e a un busto rinascimentale di Andrea Verrocchio; mentre il Popolo, la terracotta del 1929 che fu il passaggio determinante della sua svolta arcaista, è messo a stretto confronto con il coperchio figurato di un’importante sepoltura etrusca.
Verso la metà degli anni ’30 Marino si concentra sul soggetto del nudo maschile e ne trae una serie di statue destinate a lasciare un segno nella scultura europea, come evidenzia, in una sala, il raffronto tra due grandi legni e due opere capitali sul medesimo tema di Arturo Martini e Giacomo Manzù. Negli stessi anni e in quelli successivi Marino Marini amplia l’arco dei suoi soggetti: in una sala successiva sono affrontati tre suoi capolavori eccezionalmente riuniti (un Icaro, un Cavaliere e un Miracolo).
La mostra prosegue con una sala dedicata alle “Pomone” e ai nudi femminili: Marino si misura con il difficile tentativo di trasformare il corpo femminile in una forma astratta e i suoi nudi sono affiancati in questa sala a quelli di Ernesto De Fiori e di Aristide Maillol.
Verso il 1940, mentre quasi tutti gli altri scultori italiani ed europei sembrano voler abbandonare la lezione di Auguste Rodin, Marino Marini la rivisita per dare inizio a una nuova stagione di ricerca che lo porterà a confrontarsi con la forma esistenzializzata di Germaine Richier. Due piccole sale mettono in scena questi confronti. La ricerca postbellica riporta Marino a indagare, in forme più astratte, il tema del “Cavallo e Cavaliere”. In tre sale sono raccolti gli esiti maggiori di questo ciclo.
La mostra continua con una compatta sala di ritratti. Marini reinventa nel ‘900 il significato stesso del ritratto scultoreo. Un confronto tra un Ritratto di America Vitali con uno coevo, e della stessa ritrattata, realizzato da Giacomo Manzù mostra in questa sala due polarità estreme della ritrattistica scultorea in Italia prima della guerra.
La sezione dell’ultima sala è dedicata ai celebri “Miracoli”. La serie dei “Giocolieri” è posta accanto a bronzetti etruschi e a figure stanti di Henry Moore. Chiudono la mostra i piccoli e grandi “Guerrieri” e le “Figure coricate” degli anni ‘50 e ‘60.
La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale.