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Walter Swennen in mostra alla Triennale di Milano

Walter Swennen, Too many words, 2017, Oil on canvas, 19 3/4 x 23 3/4 inches (50 x 60 cm), Copyright Walter Swennen Courtesy the artist and Gladstone Gallery, New York and Brussels Dal 21 giugno al 26 agosto 2018 alla Triennale di Milano è aperta al pubblico la mostra ” Walter Swennen. La pittura farà da sé“, a cura di Edoardo Bonaspetti.

L’esposizione ripercorre attraverso più di quaranta dipinti realizzati dai primi anni Ottanta ad oggi una realtà espressiva libera e sfuggente, in cui lo spettatore è sollecitato da un’infinita serie di interpretazioni e ipotesi. Prima di concentrarsi sulla pittura negli anni Ottanta, Walter Swennen si è dedicato alla poesia e alla filosofia. Gran parte della sua produzione manifesta un interesse per le qualità associative del linguaggio: sperimentazioni evocative e collage stratificati popolano le tele e influenzano i titoli delle opere.

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Questo uso della lingua è intimamente legato al vissuto dell’artista. Da bambino, a causa della Seconda Guerra Mondiale, la famiglia smise da un giorno all’altro di usare il fiammingo per adottare il francese e dopo qualche anno, Walter Swennen non fu più in grado di parlare la lingua madre, condizione che complicò la sua visione del linguaggio come forma di comunicazione e di espressione.

L’artista si forma studiando il pensiero di Sigmund Freud, Søren Kierkegaard e Jacques Lacan, a cui segue un crescente interesse per il lavoro di artisti legati a ricerche attorno alla parola come Bob Cobbing o Marcel Broodthaers. Lettere, frasi e frammenti in inglese, fiammingo e francese iniziano a insinuarsi nelle tele, fornendo – o eliminando – tracce di narrazioni a favore dell’incoerente, del nonsenso e del mistero. La sua produzione segna un’insanabile frattura con la pittura intesa come linguaggio, mentre le immagini si liberano da ogni tentativo di rappresentazione del reale. La riconoscibilità di lettere, parole, figure è un’illusione, un inganno strumentale per spingere lo spettatore in una dimensione la cui ricchezza semantica non può essere chiarita né ridotta ai suoi minimi termini.

L’artista gioca quotidianamente con gli elementi della pittura, li isola e deforma in un infinito lavoro di composizione e scomposizione, senza che un’idea o un piano all’origine lo guidi verso la produzione di un’immagine. Libero da necessità rappresentative, critiche o ideologiche, Swennen sperimenta con materiali, colori e tecniche, dispiegando ogni possibilità generativa dell’immagine attraverso un processo creativo di regole e parametri intenzionalmente traditi o disattesi. Idealmente, quando inizia a lavorare a una tela, Swennen potrebbe creare qualsiasi cosa.

La mostra è stata realizzata con il supporto di Gladstone Gallery, New York/Bruxelles e Xavier Hufkens, Bruxelles.

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