Il Museo d’arte della Svizzera italiana di Lugano presenta, dal 16 settembre 2018 al 6 gennaio 2019, la mostra “Magritte. La Ligne de vie“.
Il filo conduttore dell’esposizione si deve dalla conferenza che René Magritte tenne il 20 novembre 1938 al Musée Royal des Beaux-Arts d’Anversa, intitolata La Ligne de vie (La linea della vita). Fu una delle rare occasioni in cui l’artista si espresse in pubblico sul proprio lavoro, riferendosi ad André Breton e ai surrealisti belgi, suoi compagni di strada. Attraverso una serie di immagini ed esempi, Magritte delineò la genesi della sua arte e illustrò i principi che gli avevano permesso di trasformare oggetti quotidiani in qualcosa di sconvolgente.
Il percorso espositivo, composto da una novantina di opere, prende inizio dalle creazioni dei primi anni Venti. Si tratta di sperimentazioni, in alcuni casi lontane dai dipinti più conosciuti del maestro belga. Alcune opere in mostra, raramente presentate al pubblico, evidenziano l’infatuazione giovanile di Magritte per il futurismo italiano. Se lo stile pittorico di queste opere è distante da quello maturo, lo spirito che le sottende – cioè il desiderio di contraddire le prassi borghesi e le convenzioni artistiche – è lo stesso che presiede alle composizioni surrealiste. Ma è la metafisica, e in particolare l’opera di De Chirico, a offrire a Magritte lo spunto decisivo per la definizione dalla propria poetica.
In mostra viene presentato un eccezionale confronto fra Les Plaisirs du poète (1912) di De Chirico e la Traversée difficile (1926) di Magritte. Segue un’ampia selezione di lavori realizzati fra gli anni Venti e Trenta in cui si evidenziano i temi prediletti dell’artista. Come spiegato da Magritte ne La Ligne de vie, alla base dei dipinti realizzati dal 1925 al 1936 c’è la ricerca sistematica di un effetto poetico sconvolgente, raggiunto in primo luogo attraverso lo spaesamento di oggetti molto comuni, scelti affinché la loro decontestualizzazione producesse il massimo risultato. Vi erano poi altri espedienti utilizzati per rendere insolite le cose più comuni, ognuno dei quali è illustrato attraverso una serie di opere: la rappresentazione in una materia diversa da quella consueta (Souvenir de voyage, per esempio, presenta una natura morta “pietrificata”); la combinazione di immagini e parole associate in modo arbitrario le une alle altre (Le Reflets tu temps, 1928; Le Parfume de l’abîme, 1928); la rappresentazione delle visioni del dormiveglia (Le Noctambule, 1928).
Benché la conferenza La Ligne de vie si tenne nel 1938, l’esposizione del MASI non si limita a presentare opere realizzate entro tale data. Anche negli anni successivi Magritte rimane fedele ai principi poetici illustrati in quell’occasione e realizza alcune fra le sue opere più celebri, come La Mémoire, 1948 e La Grande Guerre, 1964, entrambe in mostra. Il percorso espositivo documenta anche l’unica e breve divagazione di Magritte dal proprio inconfondibile stile, il periodo vache, letteralmente vacca: una serie di opere realizzate nel 1948 con colori sgargianti e pennellate molto libere che, come annuncia l’espressione “vache”, fanno ironicamente il verso al fauvismo.
Completano il percorso documenti, fotografie e una serie di affiche del suo periodo giovanile, che illustrano il versante commerciale dell’opera dell’artista, oltre alla proiezione di film da lui realizzati nel corso degli anni Cinquanta.