
A Napoli, alle Gallerie d’Italia – Palazzo Zevallos Stigliano, sede museale di Intesa Sanpaolo, dal 6 dicembre 2018 al 7 aprile 2019 rimarrà aperta al pubblico la mostra Rubens, Van Dyck, Ribera. La collezione di un principe, a cura di Antonio Ernesto Denunzio con la presenza di Gabriele Finaldi come consultant curator e con la collaborazione di Giuseppe Porzio e Renato Ruotolo.
La mostra riporta eccezionalmente a Palazzo Zevallos Stigliano la prestigiosa collezione appartenuta, prima di essere dispersa, alla famiglia Vandeneynden, che abitò nella sontuosa dimora di via Toledo dagli ultimi decenni del Seicento. Capolavori provenienti da musei nazionali e internazionali ritornano a Napoli nelle stesse stanze dove a lungo in passato furono custoditi.
36 sono le opere esposte.
Sono già diversi decenni che gli studi di storia del collezionismo e del gusto hanno dedicato ampia attenzione alle raccolte della famiglia Vandeneynden e di Gaspar de Roomer, mercanti e finanzieri fiamminghi attivi a Napoli per gran parte del Seicento.
Da un rinnovato interesse sull’argomento nasce questa mostra che offre l’occasione di riportare nel luogo dove a lungo furono custoditi molti dipinti che a loro appartennero.
Una lunga attività di ricerca, una sistematica ricognizione archivistico-documentaria, una puntuale ricostruzione delle vicende dinastiche ed ereditarie della famiglia hanno consentito di ampliare le conoscenze e di individuare un notevole numero di opere che originariamente facevano parte della collezione.
Stretti rapporti di parentela legavano la famiglia Vandeneynden a quelle di diversi artisti fiamminghi (i Brueghel, i de Wael, i de Jode) attivamente impegnati anche nel mercato dell’arte. Tale fitta rete di relazioni – di cui fu partecipe anche Roomer, a sua volta, per di più, fratello di un amico di Rubens – favorì la formazione delle due maggiori raccolte napoletane del XVII secolo, quelle appunto dei due mercanti anversesi, che, annoverando il meglio della produzione italiana e fiamminga del tempo, esercitarono grande influenza sui gusti collezionistici e sugli sviluppi della pittura napoletana coeva.
Nel palazzo di via Toledo fu custodita una straordinaria collezione d’arte che comprendeva opere tuttora celebri, alcune delle quali pervennero a Ferdinando Vandeneynden dall’eredità di Gaspare Roomer. Alla morte di Ferdinando il patrimonio passò alle sue tre figlie, due delle quali, Giovanna ed Elisabetta, sposarono rispettivamente Giuliano Colonna, dal 1716 principe di Stigliano (il principe a cui per estensione si è voluto far riferimento nel titolo della mostra) e Carlo Carafa di Belvedere.
L’inventario del 1688 registra oltre trecento dipinti, tra cui esemplari di Francesco Albani, Paul Bril, Jan Brueghel, Caravaggio, Aniello Falcone, Luca Giordano, Jan Miel, Mattia Preti, Nicolas Poussin, Jusepe de’ Ribera, Salvator Rosa, Pieter Paul Rubens, Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro, Anton Van Dyck, numerose nature morte nonché paesaggi e battaglie di altri maestri, per lo più fiamminghi.
La preziosa collezione godette a lungo di grande fama. Nel 1692 ne scriveva il canonico Carlo Celano: “In questo palazzo vi è una galleria de’ quadri delle belle che sono in Napoli, e veramente vi si vedeano bellissime dipinture, et in quantità, de’ famosi maestri così antichi come moderni”.
Il catalogo della mostra, edito da Silvana Editoriale, contiene saggi di Luigi Abetti, Antonio Ernesto Denunzio, Natalia Gozzano, Giuseppe Porzio, Renato Ruotolo, Alison Stoesser, Gert Jan van der Sman e vede la pubblicazione integrale del ricco inventario dei beni di Ferdinando Vandeneynden.
Durante l’esposizione temporanea, una selezione delle opere della collezione permanente delle Gallerie di Palazzo Zevallos Stigliano sarà visitabile negli spazi al primo piano. La mostra, infatti, ricolloca i dipinti della raccolta dei Vandeneynden negli ambienti del piano nobile, dove erano anticamente conservati.
L’esposizione, con il patrocinio del Ministero per i beni e le attività cultuali e del Comune di Napoli, è organizzata in partnership con il Museo e Real Bosco di Capodimonte, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”.