HomeFotografia"Lisetta Carmi. Molto vicino, incredibilmente lontano", mostra a Genova

“Lisetta Carmi. Molto vicino, incredibilmente lontano”, mostra a Genova

Lisetta Carmi, Italsider, Genova, 1962-1964 © Martini & Ronchetti, courtesy archivio Lisetta Carmi
Lisetta Carmi, Italsider, Genova, 1962-1964 © Martini & Ronchetti, courtesy archivio Lisetta Carmi

“Ho cercato la verità negli esseri umani”
(Lisetta Carmi)

L’approdo di Lisetta Carmi alla fotografia avviene quasi per caso, nel 1960, nel corso di un viaggio in Puglia. Lisetta si era portata dietro una macchina fotografica amatoriale, un’Agfa Silette, e con questa realizza i suoi primi scatti. All’epoca la Carmi era una donna non più giovanissima (era nata nel 1924 a Genova da una ricca famiglia ebraica) e non aveva nessuna preparazione accademica. Diplomatasi nel 1946 presso il Conservatorio di Milano, aveva avviato una più che promettente carriera di concertista. A cui però, dopo l’esperienza pugliese, decise di rinunciare per dedicarsi interamente alla fotografia, dando inizio così a quella che lei stessa definiva la sua “seconda vita”. Una sorta di folgorazione sulla via di Damasco, dunque, a cui sedici anni più tardi ne sarebbe seguita un’altra, altrettanto radicale. Nel 1976 l’incontro con il maestro yogi indiano Babaji darà un nuovo scossone alla sua esistenza. La Carmi deciderà di appendere al chiodo la sua macchina fotografica e a ritirarsi a Cisternino, in provincia di Bari, dove fonderà un ashram e si dedicherà a una vita di meditazione. Lisetta muore nel 2022.

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La retrospettiva attualmente in corso al Palazzo Ducale di Genova (visitabile sino al 30 marzo 2025; curatori Giovanni Battista Martini e Ilaria Bonacossa), attraverso circa 200 foto, molte delle quali inedite, intende documentare un cammino di ricerche visive, di esperienze e di conoscenze da cui emerge una figura umana e professionale di grande spessore.

La mostra si sofferma in particolare sul rapporto tra la fotografa e il capoluogo ligure. Genova rappresentò per circa un ventennio il centro del lavoro e della vita di Lisetta. I suoi scatti più celebri hanno per soggetto la comunità dei travestiti di via del Campo, una serie (la Carmi lavorava sempre per serie strutturate come progetti tematici, mai per singole foto) in cui brani di realtà quotidiana venivano restituiti attraverso uno sguardo sensibile, rispettoso, non giudicante. Si avverte, in quello sguardo, una vicinanza, una partecipazione affettuosa. Il volume che raccoglie quegli scatti, I travestiti, pubblicato nel 1972, suscitò all’epoca un enorme scalpore. Oggi è considerato una pietra miliare nel panorama storico dell’editoria fotografica.

Ma Genova è presente anche nelle istantanee con cui la Carmi cattura scene di vita popolare, inquadrate con gusto tipicamente neorealista (la bella serie della Balera a Sant’Eusebio, del 1967), così come nei suoi servizi di stampo giornalistico sull’Italsider, sul porto, sulla gente assiepata davanti agli sportelli dell’anagrafe (Lisetta collaborò con le principali testate italiane, come “Il Mondo”, “L’Espresso”, “Vie Nuove”, “Tempi Moderni”).

Uno stile decisamente differente, lontano da quello documentario e umanista, governato semmai da un’intenzione squisitamente arty, emerge nella serie, in larga misura inedita, dedicata al Cimitero Monumentale di Staglieno (Erotismo e autoritarismo a Staglieno, 1966), dove le immagini della Carmi vanno a scoprire tra i monumenti funebri fatti erigere nell’Ottocento dalla borghesia genovese echi inattesi di una sensualità inquieta e decadente.

Accanto all’esplorazione attenta, meticolosa della propria città, i viaggi: le immagini dei numerosi reportage realizzati in Italia (Alberobello, 1960, uno dei suoi primissimi scatti pugliesi, Orgosolo, 1966, Firenze, novembre 1966, Palermo, 1970, Caltanissetta, 1977) così come nei Paesi lontani (Palestina, Gerico, 1967 circa, Messico, 1970, Belfast, 1970). Anche qui la tensione è sempre ancorata al senso dell’umano, rivolta alle figure emarginate dalla società, verso cui l’occhio della Carmi, alternando il tradizionale bianco e nero a un colore saturo, perturbante (Lisetta utilizzava sempre, nei suoi servizi, due macchine fotografiche: una caricata a colori, l’altra in bianco e nero), sa essere limpido, schietto e, insieme, acuto, generoso, empatico.

Nicola Rossello

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