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Ugo Mulas. L’operazione fotografica

Ugo Mulas è stato un cantore della Milano degli anni Cinquanta. Attraverso un bianco e nero di squisito sapore neorealista ha raccontato la quieta, silente malinconia dei quartieri periferici di una città ancora segnata dai giorni della guerra, la stessa narrata da Giovanni Testori nel Ponte della Ghisolfa o nella Gilda del Mac Mahon. Accanto alla Milano grigia, uggiosa, invernale delle strade sudice di neve, percorse di primo mattino da un gruppo di operai che si recano al lavoro; la Milano dei dormitori pubblici, delle sale di attesa della Stazione Centrale, dei viali su cui, nel cuore della notte, sfila il carro di un netturbino, Mulas ha ritratto la città vitale, in pieno fermento artistico, del quartiere di Brera e del mitico bar Jamaica, luogo d’incontri, frequentato in quegli anni da intellettuali e artisti di belle speranze: Pietro Consagra, Luciano Bianciardi, Uliano Lucas, Piero Manzoni. (E proprio Piero Manzoni sarà uno dei primi grandi protagonisti della cultura internazionale che Mulas ritrasse nel corso della sua ventennale carriera di fotografo).

La rassegna “Ugo Mulas. L’operazione fotografica“, che si è tenuta a Milano, a Palazzo Reale, sino al 2 febbraio 2025, ha posto opportunamente l’accento sull’importanza che il capoluogo lombardo ha avuto nella storia professionale di Mulas: fu qui che egli mosse i primi passi come fotografo professionista, ed è qui che ha saputo dare voce alla sua vena creativa. Al tempo stesso i curatori della mostra, Denis Curti e Alberto Salvadori, hanno inteso offrire al visitatore un’immagine complessiva dell’opera dell’autore, documentando i diversi ambiti in cui ha esercitato la sua attività di fotografo. Un certo spazio è stato riservato al lavoro di Mulas nel campo della pubblicità, dell’industria, della moda (gli scatti dedicati ai gioielli di Arnaldo Pomodoro), del teatro (la collaborazione con la Scala e Giorgio Strehler). Decisivi nella carriera di Mulas, i servizi realizzati alla Biennale di Venezia, che gli permisero di avvicinare i maggiori esponenti della scena artistica internazionale (a tutt’oggi egli è conosciuto nel mondo come “il fotografo degli artisti”). Di particolare rilievo la serie di immagini dedicate a Lucio Fontana, ripreso nel suo studio milanese mentre esegue il taglio di una tela (la serie diventa una riflessione sulla messa in scena dell’atto creativo), così come gli omaggi a Marcel Duchamp e Alexander Caldel, di cui Mulas ci restituisce la dimensione privata. Una sezione della rassegna è stata riservata ai reportage sulla comunità artistica newyorchese: i servizi su Andy Warhol e gli altri maestri della Pop art americana, conosciuti da Mulas durante i suoi soggiorni negli USA (ne ricavò anche un libro di grande successo: New York: arte e persone). Impressionante il numero di personaggi celebri – artisti, architetti, scrittori, poeti, cantanti, politici, giornalisti, industriali, editori, registi, sportivi – che Mulas ha immortalato nel corso della sua carriera. Ricordiamo qui il celebre scatto di Eugenio Montale, ripreso di profilo mentre fissa un uccellino esotico; la foto di Jean Mirò, sorpreso al Poldi Pezzoli accanto al Ritratto di giovane donna del Pollaiolo; il doppio ritratto di Eduardo De Filippo; quello della Callas, di Ungaretti, di Buzzati, di De Chirico, di Giacometti…: immagini tutte in cui emerge lo spirito sensibile, rispettoso, partecipe del fotografo.

Alla fine degli anni Sessanta Mulas è ormai diventato uno dei nomi di punta della scena artistica contemporanea. A questo punto egli decide però di rimettersi in gioco e realizza i primi studi per le Verifiche. Si tratta di una serie di 14 immagini attraverso le quali conduce una riflessione concettuale sul tema dell’essere fotografo e sulle sue implicazioni etiche, interrogandosi sui codici del linguaggio fotografico, “sui limiti e le potenzialità del mezzo e sulla relazione con la società e la cultura del proprio tempo” (Giovanni Cardone). La serie può essere considerata a buon diritto il testamento artistico dell’autore, “un lascito di metodo e di significato” (Alberto Salvadori).

Mulas muore a Milano il 2 marzo 1973, a soli 44 anni.

Nicola Rossello

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