Cornelis e Lucas de Wael furono ritratti insieme in un celebre dipinto di Van Dyck oggi conservato a Roma nei Musei Capitolini. Realizzato nel 1627, il quadro restituisce il tono di cordialità disinvolta e informale che improntava i rapporti tra i due fratelli. A colpire, in particolare, è lo sguardo franco, intelligente, volitivo che Cornelis rivolge allo spettatore: lo sguardo di un uomo consapevole del proprio talento.
Tipici esponenti della cultura figurativa fiamminga della prima metà del Seicento, i de Wael, dopo essersi formati ad Anversa presso la bottega paterna, nel 1619 si erano trasferiti a Genova, dove si erano inseriti rapidamente nel mercato artistico della città (in quegli anni la Superba viveva in un clima di straordinaria prosperità economica e culturale). In buone relazioni con i principali mecenati e collezionisti italiani, avevano avviato una fiorente attività come mercanti di quadri. La loro stessa produzione di tele di medio e piccolo formato e dai colori vivaci era assai apprezzata dalla committenza privata locale (numerose le repliche di bottega delle loro opere, realizzate per soddisfare le richieste della clientela), e non mancò di esercitare una certa influenza sulla scuola artistica genovese, soprattutto nel campo della pittura di genere. A Genova la loro casa-bottega fu a lungo un punto di riferimento per la nutrita schiera di artisti fiamminghi che lavoravano in città. Tra questi, lo stesso Van Dyck, che fu ospite dei de Wael negli anni del suo soggiorno genovese. Il dipinto dei Musei Capitolini intendeva essere un omaggio e, insieme, un atto di riconoscenza da parte dell’illustre maestro al momento di congedarsi dai suoi ospiti e fare ritorno in patria.
Lucas si dedicò soprattutto alla pittura di paesaggio. Cornelis, indubbiamente il più talentuoso dei due fratelli, fu un artista versatile e si impegnò nei generi più diversi, specializzandosi in particolare nelle nature morte e nelle scene di soggetto militare (battaglie, assedi di città fortificate, accampamenti) e di vita quotidiana (feste di villaggio, fiere, ricevimenti mondani), realizzate con bella freschezza inventiva e brio compositivo.
Alla sua produzione di carattere devozionale è dedicata la rassegna attualmente in corso a Genova, a Palazzo Bianco, dal titolo Naturalezza e verità nel Seicento illustrato da Cornelis de Wael (1592-1667) (aperta fino al 22 giugno 2025). Le curatrici dell’allestimento, Raffaella Besta, Martina Panizzutt e Margherita Priarone, hanno indirizzato la loro messa a fuoco su due cicli pittorici che Cornelis replicò a più riprese nel corso degli anni: le Sette opere di Misericordia e le Storie del figliol prodigo. Sono composizioni affollate da una moltitudine di piccole figure briose, esili silhouette di cui l’artista restituisce la precisa caratterizzazione fisiognomica, nonché i dettagli esatti dell’abbigliamento. Cornelis si fa qui osservatore attento e scrupoloso della realtà del proprio tempo. Ambienti ed edifici che compaiono in queste tele sono autentici. La scena di Visitare gli infermi, ad esempio, si svolge nell’atrio dell’ospedale Pammotone, che sorgeva nel quartiere di Portoria (oggi è inglobato nell’attuale Palazzo di Giustizia). L’episodio descritto riguarda la “festa del Perdono”: la consuetudine dei notabili genovesi di recarsi in visita agli ammalati di quell’ospedale nella ricorrenza annuale del lunedì santo. Tra i personaggi raffigurati, compare, seduto in primo piano, il committente del dipinto: Pier Francesco Grimaldi.
Visitare gli infermi, così come Visitare i carcerati, sono custoditi a Palazzo Bianco. Entrambi i quadri facevano parte di un ciclo realizzato da de Wael intorno al 1640 e oggi purtroppo disperso. A questi due dipinti si è aggiunto di recente un terzo elemento della medesima serie, Alloggiare i pellegrini, acquistato a un’asta da un collezionista milanese e generosamente offerto in comodato ai Musei di Strada Nuova di Genova. In mostra sono presenti altri dipinti provenienti da una diversa raccolta (Dare da bere agli assetati e Vestire gli ignudi), nonché una tela che riunisce insieme tutte e sette le opere di Misericordia, come avviene nel celebre capolavoro di Caravaggio di Napoli. Del ciclo delle Storie del figliol prodigo, degli anni Trenta del Seicento, si segnalano in particolare Il festino e Il figliol prodigo guardiano di porci: sono anch’essi dipinti che, per le loro qualità pittoriche (rigore formale della composizione, resa minuziosa dei dettagli, finezza esecutiva), possono essere annoverati tra i più significativi raggiungimenti della vasta produzione del pittore anversano.
Nicola Rossello