HomeMostre ed EventiGiovanni Fattori 1825-1908. Il 'genio' dei Macchiaioli - Mostra a Piacenza

Giovanni Fattori 1825-1908. Il ‘genio’ dei Macchiaioli – Mostra a Piacenza

Giovanni Fattori, Bovi al carro, 1868-1870, olio su cartone, 29 × 34 cm, Carpi, Collezione Palazzo Foresti
Giovanni Fattori, Bovi al carro, 1868-1870, olio su cartone, 29 × 34 cm, Carpi, Collezione Palazzo Foresti

“Ho sempre fatto l’arte per conto mio e come la sentivo”
(Giovanni Fattori)

Soldati francesi del ’59 è una tavola di dimensioni ridotte dal formato orizzontale. Descrive un gruppo di otto soldati e un ufficiale schierati uno accanto all’altro, immobili, come in attesa di qualcosa. Intorno a loro, uno scenario vuoto, quasi astratto (un terreno nudo, un muro grigio), il cui chiarore accecante confligge con le macchie di colore blu e nero con cui Fattori ha composto le sue figure. Realizzato nel 1859, nel pieno della seconda guerra d’Indipendenza, il dipinto esibisce gli esiti del nuovo linguaggio macchiaiolo che il gruppo del Caffè Michelangelo aveva avviato proprio in quegli anni, e attesta l’adesione dell’artista ai fermenti che animavano l’Italia risorgimentale.

Nato a Livorno nel 1825, Giovanni Fattori conoscerà presto notorietà e apprezzamento grazie soprattutto ai suoi quadri di argomento militare sostenuti da una narrazione asciutta, priva di magniloquenza ed enfasi celebrativa. Fattori, che agli esordi aveva praticato lui pure la pittura storica di derivazione romantica, sceglie ora di calarsi nel vero del presente e rappresentare la realtà contemporanea, adottando il nuovo lessico pittorico della Macchia.

Suddivisa per temi, intorno ai generi cari a Fattori, quelli da lui praticati con maggiore assiduità nel corso della sua lunga carriera, la mostra in corso sino al 29 giugno 2025 al Centro di arte contemporanea XNL di Piacenza (curatori Fernando Mazzocca, Elisabetta Matteucci e Giorgio Marini) riserva un largo spazio alla produzione dell’artista legata all’epopea risorgimentale. Più ancora che i numerosi quadri e quadroni di battaglia, realizzati secondo tecniche pittoriche ancora tradizionali, restano nella memoria del visitatore alcuni strepitosi dipinti – penso in particolare a In vedetta (Il muro bianco), ma anche a Tre artiglieri, Lettera al campo, Militari e cavalli in una pianura, Avamposti di cavalleria – che, ricorrendo a uno stile austero, di rarefatta semplicità, evocano momenti anonimi di vita militare o episodi a margine degli scontri bellici (vengono allora alla memoria le pagine della Certosa di Parma con cui Stendhal descriveva la battaglia di Waterloo…).

Una sezione della mostra è dedicata ai ritratti, un genere che pure occupa un posto di rilievo nella pittura di Fattori. Tra le opere esposte a Piacenza, è presente un capolavoro del periodo tardo: Il ritratto della terza moglie, del 1905: un dipinto di forte intensità espressiva, in cui l’artista, attraverso l’espediente del quadro dentro il quadro, si concede il vezzo dell’autocitazione, esibendo sulla parete, alle spalle dell’effigiata, I butteri, da lui realizzato due anni prima.

La sezione della rassegna riservata alla pittura di paesaggio presenta dipinti di Fattori, eseguiti en plein air, che raffigurano con fedeltà al vero naturale scorci a lui familiari della costa livornese o delle campagne maremmane, o, ancora, brani di vita rurale in cui il duro lavoro contadino acquista il carattere di una condizione umana universale. Tra i paesaggi realizzati in piena stagione macchiaiola, spiccano alcuni monumentali Bovi al carro, e poi La torre rossa e il magnifico bozzetto per Acquaiole livornesi, del 1865, una piccola tavoletta di raffinata fattura il cui formato orizzontale fortemente allungato, da predella quattrocentesca, mira a suggerire la vastità dell’orizzonte (una soluzione formale decisamente inusuale, già sperimentata dal pittore romano Nino Costa e poi ripresa da altri macchiaioli: Borroni, Abbati e Sernesi).

Dopo il 1870, esauritasi la fase eroica della Macchia, disperso il gruppo del Caffè Michelangelo, Fattori imprime una direzione nuova alla sua pittura, modificando in parte taluni elementi del proprio linguaggio. Anche le opere di questi anni restano tuttavia ancorate a una poetica del vero capace di restituire, attraverso l’afflato lirico e vivido della tavolozza, i valori ambientali. E se ne La signora Gioli a Fauglia e Signora in giardino “un’attenzione sensibilissima al particolare di natura e l’atteggiamento delle figurette femminili possono far pensare anche a una memoria della pittura di Corot” (Raffaele Monti), La strada bianca, Butteri maremmani, La mena in Maremma, Campagna romana (“Uno dei vertici dell’arte europea di fine secolo”) sono composizioni in cui Fattori si fa osservatore scrupoloso e partecipe della realtà umana e sociale del suo tempo: dipinti che conservano appieno una forte, drammatica tensione emotiva (e da cui si può cogliere ancora l’impegno etico del pittore).

Nei decenni a cavallo tra i due secoli la scena figurativa europea conosce un’evoluzione profonda. Di fronte alle novità del postimpressionismo che mettevano in discussione la linea naturalista sino ad allora prevalente, novità che in Italia avevano trovato consensi e seguaci financo tra gli allievi dello stesso Fattori (in Nomellini in primis), il pittore livornese assume un atteggiamento dubbioso, e sceglie di proseguire per la sua strada. Intanto ha scoperto l’acquaforte, con buoni risultati: Raffaele Monti arriverà a definirlo “il maggior incisore italiano dell’Ottocento”.

La mostra assegna una particolare attenzione alla produzione grafica del maestro, presentando acqueforti e disegni (tra questi ultimi, alcuni studi preparatori per dipinti sono messi a confronto con le corrispondenti opere pittoriche): sono opere anch’esse che danno la misura della vitalità espressiva dell’artista.

Nicola Rossello

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