
Artista di sorprendente e raffinato talento, tra i più significativi interpreti della cultura figurativa lombarda tra la fine del Quattrocento e i primi decenni del Cinquecento, Andrea Solario (Milano, 1470 circa – 1524) viene talora annoverato tra i cosiddetti “leonardeschi”. In realtà, a differenza di altri pittori come Marco d’Oggiono, Cesare da Sesto, Giampietrino, Francesco Napoletano, Francesco Melzi, Giovanni Antonio Boltraffio, egli non fu mai direttamente associato alla bottega di Leonardo, di cui giunse ad assorbire le eclatanti novità formali solo in anni tardi, al tempo del secondo soggiorno milanese del maestro toscano, nel 1506; novità che Solario seppe associare, in un felice connubio, alla sua primitiva formazione lombarda e poi soprattutto veneta e fiamminga.
Decisiva si rivelò infatti la sua lunga permanenza a Venezia, dove egli ebbe modo di accostarsi al colorismo di Giovanni Bellini e del Giorgione, e di acquisire il gusto per la minuzia descrittiva, la meticolosa attenzione ai dettagli dei paesaggi e alla resa tattile delle stoffe, che erano propri della pittura nordica che nella città lagunare in quegli anni andava per la maggiore.
La bella rassegna monografica attualmente in corso a Milano al Museo Poldi Pezzoli (curatori Lavinia Galli e Antonio Mazzotta; visitabile sino al 30 giugno 2025) ci consente di distinguere i lavori riconducibili a questa prima maniera di Solario dalle opere della sua stagione matura, quelle in cui emergono con maggiore evidenza elementi di stile leonardesco (l’uso della luce diffusa e del chiaroscuro, il ricorso alla prospettiva aerea, la dolcezza nel rendere i lineamenti dei volti) e che fanno dello stesso Solario uno dei protagonisti del passaggio all’arte moderna in Lombardia.
Tra i dipinti esposti in mostra, si potranno ammirare alcuni impeccabili ritratti, genere in cui il maestro milanese conseguì esiti di altissimo livello qualitativo: opere dal nitore cristallino e di notevole intensità espressiva, dove si avverte la lezione spaziale, nonché il gusto per il dettaglio naturalistico, di Antonello da Messina, un artista che Solario ebbe modo di studiare da presso negli anni in cui fu attivo a Venezia. Lo splendido Ritratto di donna (1500-1505 circa, Castello Sforzesco), il cui sorriso impercettibile deve già qualcosa agli insegnamenti dei “moti dell’anima” di Leonardo, e il Ritratto di giovane (1490-1494 circa, Brera) presentano figure a mezzo busto, in posa di tre quarti, che spiccano fortemente da un fondale buio, lo sguardo penetrante rivolto allo spettatore. Per contro, il magnifico Charles d’Amboise (1510 circa, Louvre), una tavola capace di restituire con vivezza e capacità di penetrazione psicologica la dignità e l’ostentata sicurezza del personaggio raffigurato (un personaggio di alto rango, che fu maresciallo di Francia e governatore di Milano, nonché mecenate di Solario), e l’Uomo con garofano rosa (1495 circa, National Gallery) sono opere in cui i soggetti ritratti si stagliano in primo piano, emergendo da un paesaggio lontano che sfuma nella luce caliginosa del cielo. Da segnalare ancora Gerolamo Morone, una tavola tarda, del 1522 circa, che conserva la densità magnetica ed espressiva e il vivo realismo dei lavori migliori.
Accanto ai ritratti (è presente anche in mostra, a titolo di confronto, il Ritratto di Francesco delle Opere, del Perugino, proveniente dagli Uffizi), una serie di composizioni di soggetto devozionale: la Madonna tra san Giuseppe e san Simeone, 1495, da Brera, dalla tavolozza squillante e il trattamento “alla fiamminga” degli elementi paesaggistici; la Madonna dei garofani, 1493-1494 circa, sempre da Brera, un’opera di affettuosa e raccolta intimità, che esibisce il motivo, consueto alla tradizione lombarda, della finestra aperta su un ampio paesaggio che si perde in profondità (qualcuno ha voluto riconoscere nella postura del Bambino una derivazione leonardesca); l’Ecce Homo, del Poldi Pezzoli (1500-1505 circa), di intensa forza drammatica.
Tra i capolavori della piena maturità, avremo invece Il riposo durante la fuga in Egitto, (1515, Poldi Pezzoli): una tavola di grande ricchezza formale e cromatica in cui i richiami alla lingua figurativa di Leonardo (l’intimo rapporto tra i personaggi, il dialogo dei loro rispettivi sguardi) si fondono mirabilmente con quelli di altre culture (il silente paesaggio serotino di derivazione nordica che avvolge le figure; la splendida natura morta in primo piano sulla destra, non priva di echi del naturalismo lombardo). Dal Louvre, dove si conservano una decina di tele dell’artista, giunge in mostra uno dei massimi raggiungimenti di Solario: la celebre Madonna del cuscino verde, risalente al periodo del soggiorno del pittore in Francia (1507-1510), un’immagine di serena dolcezza, affettuosamente lirica, in cui il racconto del sentimento materno e del caldo affetto familiare è immerso in un’atmosfera intima, di luminosa vivezza espressiva. La tela è posta a diretto confronto con la Madonna col Bambino del Poldi Pezzoli, 1505-1510 circa, ambientata, quest’ultima in un interno, e dove torna il motivo del cuscino verde, che prefigura il sonno e dunque la Passione di Cristo. Sempre dal Louvre arriva l’inquietante Testa di San Giovanni Battista, del 1507. Richiami a Giorgione e alla cultura veneta del primo Cinquecento sono invece avvertibili in Cleopatra (1515 circa, collezione privata), l’unico dipinto dell’artista di soggetto storico-mitologico che si conosca.
Solario fu ucciso dalla peste a Milano nel 1524, mentre era impegnato in alcuni lavori per la Certosa di Pavia.
Nicola Rossello