HomeMostre ed EventiA Chiavari in mostra la collezione Grasso

A Chiavari in mostra la collezione Grasso

Gian Francesco Grasso
Gian Francesco Grasso

Per tutti a Piani di Ri, il quartiere di Chiavari dove Gian Francesco Grasso (1925-2022) ha svolto per quarant’anni con impegno e dedizione l’attività di medico condotto, era semplicemente o mego. I numerosi suoi pazienti lo ricordano ancora: alto, lo sguardo franco e penetrante, i modi affabili, garbati, rassicuranti. Non tutti però sapevano della passione che egli nutriva per le arti figurative, passione che, condivisa con la moglie Maria Giovanna (“Nanna”) Scalabrini, lo aveva indotto ad acquistare nel corso degli anni decine e decine di tele, le stesse che tappezzavano le pareti della sua abitazione. Le sue predilezioni: la grande stagione del Barocco genovese e taluni pittori e scultori liguri contemporanei.

Giunto all’età della pensione, lui che già dal 1968 era socio della Società Economica, fu nominato responsabile della biblioteca. In tale veste promosse una serie di conferenze e incontri culturali dedicati alla storia locale. Conferenziere arguto, fu altresì autore di numerosi saggi sulle tradizioni del territorio.

Ospitata nella Galleria che oggi porta il suo nome e nella Quadreria di via Ravaschieri, la rassegna “La passione del collezionista” (visitabile sino al 26 ottobre 2025) allinea una selezione di dipinti e sculture che a suo tempo Grasso aveva deciso di donare alla Società Economica. Le opere di maggior interesse sono i quadri e i disegni dei maestri genovesi, o comunque attivi a Genova, del XVII secolo. Ne citiamo solo alcuni: la Carovana in viaggio, con cui il Grechetto ripropone un soggetto consueto al suo repertorio, che riscuoteva un grande successo presso la committenza; l’Adorazione dei pastori di Bartolomeo Guidobono, uno straordinario effetto di notturno, con il Bambino, al centro della composizione, che diviene fonte di “luce vera” che illumina la notte: un motivo, il cui archetipo primario resta l’Adorazione dei pastori del Correggio, e che era stato adottato anche dal Grechetto (nella celebre pala della chiesa genovese di San Luca), da Domenico Piola, dal Baciccio; Cristo alla colonna di Bernardo Castello, in cui la massa statuaria del corpo nudo di Cristo sembra emergere e risaltare dal buio di fondo, entro cui resta invece inghiottita la figura truce dell’aguzzino alla sua destra; la Salita al Calvario di Gio Andrea De Ferrari, una tela di grande forza espressiva, la cui conduzione coloristica si richiama alla sapienza cromatica vandyckiana e fiamminga; la Visitazione di Bartolomeo Biscaino, un dipinto che esibisce un impianto lineare e rigoroso: le due figure femminili di Maria ed Elisabetta al centro, quelle maschili ai lati; sullo sfondo lo scorcio di un paesaggio che ha i colori tenui e sfumati di certe tele di Rosai.

Ricordiamo ancora, di passata, una pregevole natura morta di Giacomo Legi, uno Studio per una testa di vecchio (Lot) di Gioacchino Assereto, e alcune composizioni a soggetto paesaggistico: tele di Rosa da Tivoli, del Sestri, un paesaggio naturale dal tono insolitamente idilliaco del Cavalier Tempesta, e quello di Niccolò Micone, detto lo Zoppo, che ricalca in forma palese (nello scenario tenebroso percorso da inquietanti bagliori di luce; in quelle figurette appena abbozzate, definite con pennellate sommarie e veloci) la maniera pittorica del Magnasco, con cui lo Zoppo fu per qualche tempo in contatto. Presenti in mostra anche due disegni di Luca Cambiaso e di Bernardo Strozzi.

Il nucleo numericamente più consistente della raccolta Grasso riguarda la pittura del Novecento. A farla da padrone è Silvio Cassinelli, di cui o mego possedeva una cinquantina di opere (non tutte esposte in mostra). Ma noi qui vogliamo segnalare Pecore in un cortile, 1905, un piccolo acquerello realizzato con accenti macchiaioli da un artista, Giuseppe Raggio, meritevole sicuramente di rinnovata attenzione, che qui mette in campo le sue doti di pittore animalista; nonché due belle tempere di Alberto Salietti (nature morte raffiguranti strumenti musicali) e un suo paesaggio, Primavera in Val Seriana, del 1912, ancora legato al naturalismo di fine Ottocento (il Salietti che adotta il rigore stilistico del gruppo “Novecento” è quello degli anni Venti). Folto, in mostra, il gruppo dei paesaggi liguri (di Lino Perissinotti, Luigi Vaccarezza, Giacinto Galbiati…) e delle nature morte (le esercitazioni a metà strada tra Cézanne e Matisse di Bartolomeo Sanguineti ed Emanuele Rambaldi).

Nella collezione Grasso predomina il figurativo. Scarso l’interesse verso le sperimentazioni delle avanguardie. Fanno eccezione le opere di taluni artisti, come Luiso Sturla, che, pur senza rinunciare del tutto alla figurazione, orientavano le loro ricerche verso l’informale.

Nicola Rossello

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