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La collezione del MAXXI in mostra a Beirut

 Remo Salvadori, La stanza dei verticali, 1995 – 2000, MAXXI  Museo naziona - Mostra a Beirutle delle arti del XXI secolo, Donazione Roberto Lombardi e Filippo Massimo Lancellotti, Foto Agostino Osio, Courtesy Fondazione MAXXI
Remo Salvadori, La stanza dei verticali, 1995 – 2000, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Donazione Roberto Lombardi e Filippo Massimo Lancellotti, Foto Agostino Osio, Courtesy Fondazione MAXXI

Classic Reloaded. Mediterranea è il titolo della mostra che dal 29 giugno al 2 settembre 2018 porta al Villa Audi – Mosaic Museum di Beirut una selezione di opere dalla collezione del MAXXI Arte e, a novembre, al Museo Nazionale del Bardo, a Tunisi.

L’esposizione, a cura di Bartolomeo Pietromarchi, vuole rappresentare, attraverso 20 opere di 13 artisti italiani dalla collezione del MAXXI in relazione agli spazi e alle opere di Villa Audi e del Bardo, la cultura del “mare che sta tra le terre”, quella autonomia culturale ma nello stesso tempo apertura all’altro, coesistenza tra popoli, rapporto tra locale e globale, che da sempre caratterizza le nazioni del Mediterraneo.

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Le opere dialogheranno, a Beirut, con gli splendidi mosaici romani del II-VI secolo d.C di Villa Audi e, a Tunisi, con le architetture e le decorazioni ornamentali del Petit Palais, al Museo Bardo.
Ecco allora che diventa chiara la citazione della tradizione bizantina del fondo oro di Senza Titolo di Gino De Dominicis, o il riferimento ironico alla mitologia romana di Lapsus Lupus di Luigi Ontani.
L’installazione di Remo Salvadori La stanza dei verticali, con l’utilizzo del rame e il riferimento ai concetti fondamentali della geometria, ci riporta all’architettura classica, mentre nelle sculture di Bruna Esposito, in marmo policromo e scope di bambù, si mescolano dimensione domestica e architettonica.
Con i suoi scatti Mimmo Jodice rilegge e fa riprendere vita a sculture, dipinti e mosaici di epoca classica, mentre Flavio Favelli con il collage di tappeti di diversa provenienza che compone Fiori Persiani, riproduce quella cultura di dialogo e d’incontro parte dell’identità mediterranea.

E ancora le ceramiche di Salvatore Arancio ci riportano a tradizioni popolari autoctone con richiami arcaici e mitologici, le opere di Sabrina Mezzaqui si riferiscono a una cultura millenaria di altissima qualità artigianale, la pratica del ricamo e del ritaglio, che dialoga perfettamente con le decorazioni moresche. A un’estetica aniconica e ornamentale di matrice arabo-musulmana si rifà Icosaedro di Pietro Ruffo, mentre le composizioni di Luca Trevisani s’interrogano sulla presenza e sull’assenza, la fragilità e l’equilibrio, binomi sui quali si fonda la scultura classica.

A concludere il percorso un’opera di Liliana Moro: il suono del canto di un uccello fischiato dall’artista stessa, che fa da contraltare ai motivi ornamentali delle sale; accanto a questa due lavori che ci riportano al culto dei morti, alle sepolture, agli ipogei: Mother, il fachiro sottoterra di Maurizio Cattelan e Porta addormita di Enzo Cucchi, un quadro scultura con grappoli di teschi, opere capaci di catturare la nostra attenzione e condurci oltre la soglia.

Il progetto fa parte del programma culturale che il MAECI – Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale – realizza nel 2018 nei Paesi dell’area del Medio Oriente e del Nord Africa, Italia, Culture, Mediterraneo e, a Beirut, è stata realizzata in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia in Libano, l’Istituto Italiano di Cultura di Beirut e il Sursock Museum.

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