HomeMostre ed EventiMilano | Come cera per le api, personale di Mattia Bosco

Milano | Come cera per le api, personale di Mattia Bosco

Mattia Bosco, Untitled, 2012, marmo e ceramica cm 53x47x59. Foto di Antonio ManiscalcoIl Museo Diocesano di Milano dal 9 giugno al 30 agosto 2015 ospita la mostra personale di Mattia Bosco.
In esposizione una selezione di sculture in pietra, legno e ceramica appartenenti a cicli differenti e oggetto di una medesima indagine sui materiali tradizionali della scultura e sulla loro vitalità.

Da anni Mattia Bosco indaga i materiali e le loro potenzialità scultoree. Lavora il marmo, il legno, la ceramica seguendo il filo delle sue personali riflessioni, estetiche e filosofiche.
Tra i lavori esposti in mostra la scultura x, y, z (2014), una sorta di manifesto della poetica di Mattia Bosco, e opera capostipite di sculture successive. Quest’opera è nata dall’idea di utilizzare la specificità di due segni profondamente diversi, quello della natura e quello del robot, per comporre un’immagine unitaria, ottenuta a partire da questi due tracciati, facendoli convivere nella loro differenza. L’artista ha chiesto al robot di scolpire esattamente la forma della pietra su cui avrebbe lavorato, di ridisegnarla, in alcune parti, con il suo stile, in modo tale che non venisse mai sacrificata parte della superficie della pietra con qualità che non fossero presenti altrove. Per fare questo è stato necessario un complesso lavoro preliminare di acquisizione del volume della pietra con uno scanner 3d e di programmazione. Il robot ha assecondato le forme della pietra entrando al suo interno di 3 millimetri, sufficienti a rivelare al di sotto della pelle invecchiata e consumata il candore del marmo bianco e la sua luce, insieme alla purezza rigorosa delle sue linee di calcolo.

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La materia della scultura, per Mattia Bosco, è come cera per le api.
«Non è un mezzo espressivo – afferma l’artista -, ma è ciò che rende l’opera viva, che la fa esistere. In scultura non si usa la materia, si forma una materia e con essa l’opera. Formarla non è violarla, ma assecondarne le tendenze, disinfiammare lentamente le resistenze, accelerarne la maturazione, visitarne il destino».

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