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La biblioteca, dalle tavolette d’argilla ai cd-rom

BibliotecaLa biblioteca è un’istituzione antichissima.
La presenza di biblioteche nelle più antiche civiltà è attestata sia dai reperti archeologici che dalle notizie giunte fino a noi attraverso le opere degli scrittori antichi.
Le ventiduemila tavolette d’argilla rinvenute nel luogo dove sorgeva l’antica Ninive, capitale del regno assiro-babilonese, sono la testimonianza più preziosa della presenza della ricca biblioteca creata da Assurbanipal nel VI secolo a.C.
Poche notizie ci sono pervenute delle prime biblioteche greche. Probabilmente la più importante fu quella di Aristotele.
Biblioteche di notevole interesse si costituirono nell’età ellenistica; la più celebre fu certamente quella di Alessandria d’Egitto (284 a.C.)  seguita da quella di Pergamo (241 a.C.): esse arrivarono a contenere più di settecentoventimila rotoli di papiro e  furono le più ricche e le più ordinate dell’antichità. La biblioteca di Alessandria cessò di esistere  verso il IV secolo d.C.
Nell’antica Roma, invece, le prime biblioteche furono private. Per lo più le opere in esse  conservate  erano bottino di guerra. Il primo progetto di biblioteca pubblica risale a Giulio Cesare; il condottiero ne affidò la realizzazione a Terenzio Varrone, anche se poi la biblioteca sorse solo nel 37 a. C. ad opera di Asinio Pollione che la costruì sull’Aventino e con duplice sezione latina e greca.
La biblioteca romana  tende a laicizzarsi, non è più annessa al palazzo reale nè al tempio, ma è inserita nel cuore e nel centro della vita cittadina: nei fori, nei portici.

Con la caduta dell’Impero Romano, le invasioni barbariche e l’avvento del Cristianesimo, la concezione di biblioteca cambia. Nel Medioevo alla biblioteca inserita nel cuore della città ed aperta al pubblico si sostituisce l’idea di biblioteca “scriptorium”, un luogo, all’interno del monastero, deputato alla trascrizione  e alla conservazione di codici.
Fondamentali, in questo periodo, furono le figure di Benedetto da Norcia e Cassiodoro.
San Benedetto fondò il monastero di Montecassino con una ricca biblioteca, dove non solo i testi venivano ricopiati ma anche decorati con miniature.
Cassiodoro diede vita, nel monastero del Vivarium in Calabria, ad una scuola scrittoria dove si copiavano testi non solo sacri ma anche di autori  latini e greci.

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Nell’età rinascimentale l’influsso della cultura umanistica, il mecenatismo dei principi e dei signori, l’invenzione della stampa e quindi l’incremento della produzione libraria avvicinarono il libro ad un pubblico sempre più ampio; assistiamo ad un rinnovamento anche nell’architettura  e nell’arredamento dei locali della biblioteca: non più  sistemati all’interno del monastero ma in nuove costruzioni  perfettamente integrate con il  contesto urbano. Fra tutte ricordiamo la Biblioteca Laurenziana di Firenze, la Marciana di Venezia, la Malatestiana di Cesena.
Le biblioteche del Rinascimento curarono principalmente le raccolte di codici di gran pregio (troppo spesso il libro venne considerato più un’opera d’arte che uno strumento di studio) e anche se furono aperte al pubblico, in realtà esse erano frequentate da una ristretta cerchia di studiosi.

La nascita della prima biblioteca moderna, intesa come istituzione al servizio del pubblico, risale ai primi anni del 1600. Il primo esempio ci viene dall’Inghilterra e più precisamente da Oxford; qui, per  iniziativa di Sir Thomas Bodley, nacque la biblioteca universitaria Bodleiana.
In Italia la prima biblioteca pubblica fu l’Ambrosiana, sorta a Milano nel 1609 ad opera del Cardinale Federico Borromeo. L’Ambrosiana incarnava il concetto di biblioteca pubblica in senso moderno: esponeva i libri alla vista del pubblico ed offriva posto a sedere e carta e calamaio a chiunque, sia cittadino che forestiero. Tutto ciò a noi oggi può sembrare scontato in una biblioteca: nel 1600 non era così.
Altre biblioteche seicentesche, con intenti di pubblica utilità, furono l’Angelica a Roma, la Gambalunghiana di Rimini, l’Augusta di Perugia.

Nel settecento si costituirono nuclei librari più cospicui, soprattutto in Lombardia; per l’energico contributo degli Asburgo nacquero la Braidense di Milano, l’Universitaria di Pavia.

Nell’ottocento, sotto la spinta di trasformazioni industriali e sociali, si fece strada soprattutto negli Stati Uniti e nel mondo anglosassone una concezione più democratica del diritto allo studio, alla cultura, all’istruzione quindi alla fruizione del libro; nell’ambito di questa nuova concezione si andò formando un modello di biblioteca completamente nuovo: una biblioteca non solo aperta al pubblico, ma realmente accessibile alla generalità dei cittadini. Questo nuovo modello prese il nome di Public Library e  trovò consensi soprattutto nei paesi del nord Europa, mentre in Italia si rimase ancorati agli schemi della biblioteca di erudizione, aulica, con funzioni principalmente di tutela e conservazione del materiale librario. Fa eccezione nel panorama italiano di fine ottocento il movimento delle biblioteche popolari, sorto a Prato nel 1861 ad opera di Antonio Bruni, che però ebbe come limite l’aver concepito una struttura bibliotecaria non rivolta a tutte le classi sociali bensì alla sola classe popolare. Dovevano ancora trascorrere decenni prima che sorgesse la biblioteca in grado di essere al servizio della generalità dei cittadini.

Lo sviluppo della biblioteca pubblica in Italia s’intensificò a partire dagli anni settanta del secolo scorso, con l’aumento della popolazione dedita agli studi superiori e grazie alle possibilità offerte dall’informatica.
Dagli anni ottanta si assiste ad un crescente sviluppo dell’utilizzo del computer per l’informatizzazione dei cataloghi e per la gestione del prestito, fino all’avvento della biblioteca multimediale.
La biblioteca multimediale, che si propone come naturale evoluzione della biblioteca tradizionale, offre  agli utenti la possibilità di accedere alle informazioni in modo veloce e qualificato attraverso nuovi supporti:  cd-rom, dvd, vhs, musei virtuali, accesso ad internet.

Concetta Tiano

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