Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, dal 19 ottobre 2007 al 31 marzo 2008, ospita la mostra Alma Tadema e la nostalgia dell’antico. Curata da Stefano De Caro, Eugenia Querci e Carlo Sisi, l’esposizione traccia per la prima volta un panorama dello sviluppo della pittura neopompeiana in Italia, collocandola in un più ampio contesto internazionale e ponendola a colloquio con le opere dell’artista di nascita olandese, inglese d’adozione, Lawrence Alma-Tadema (1836-1912).
I quattordici “quadri-museo” dell’artista rappresentano una straordinaria rinascita del mondo romano (e in parte minore, greco), con tutto il corredo di antiche suppellettili, abiti raffinati, ambienti impreziositi da marmi e tripudi di fiori. Con tecnica raffinata e disegno meticoloso, egli evoca il sogno di un mondo popolato di donne dall’assorta bellezza, dove la corporea materialità delle rappresentazioni elude il distaccato idealismo neoclassico e rende struggente e reale la nostalgia dell’antico.
Grazie alla profonda conoscenza archeologica e letteraria dell’antichità classica, egli riesce a far rivivere, in una chiave finemente estetizzante, un mondo ormai perduto, dove le scene del quotidiano assumono le sfumature del mito.
Le monumentali vestigia di Roma, ma ancora di più le rovine e i reperti provenienti da Pompei, Ercolano e da tutta l’area vesuviana, sono le fonti d’ispirazione non solo per Alma-Tadema, ma anche per l’ampia schiera di artisti italiani e stranieri (sessantuno opere in mostra) che si accostano al genere neopompeiano. La loro pittura è destinata a confermare sentimenti nazionali, e ancor più, esotismo antichizzante, di un ceto alto borghese che ama riconoscervisi, nobilitando così i propri vizi e virtù, nei riti e nei costumi di una società ormai remota ma anche riproposta nel presente grazie ai reperti archeologici le cui scoperte erano largamente pubblicizzate.
Il Museo archeologico Nazionale di Napoli, che ospita la mostra, raccoglie una delle più prestigiose collezioni archeologiche del mondo e custodisce molti dei preziosi reperti citati, rievocati, rielaborati nei dipinti degli artisti italiani e di Alma-Tadema. Una selezione di tali materiali (una cinquantina di reperti archeologici) provenienti dagli scavi vesuviani (statue, tripodi, candelabri, affreschi) sarà presentata in mostra, spesso a confronto con le opere pittoriche che ne hanno tratto ispirazione.
Il percorso della mostra, che dedica ampio spazio alla scuola italiana (Gigante, Palizzi, Muzzioli, Maccari, Miola, Morelli, D’Orsi, Netti, Bargellini), prende le mosse dai dipinti che ritraggono paesaggi archeologici (gli scavi di Pompei, gli interni delle case, le scavatrici al lavoro, i turisti in visita), interpretati in chiave verista o più sottilmente evocativa, per poi passare, attraverso un salto temporale e logico, alla materiale rievocazione di quegli antichi luoghi e ambienti, ricostruiti e di nuovo popolati dai loro abitanti.
L’ampia sezione dedicata alla dimensione quotidiana mostra al visitatore il ridestarsi delle antiche botteghe, la vita di padroni e clientes, le scene d’intimità femminile, i rituali religiosi, gli intrattenimenti gladiatorii, la vita alle terme: temi interpretati dai diversi artisti secondo una visione sempre peculiare.
Si passa poi alle scene legate alla vita di personaggi storici e alla storia pubblica, per poi arrivare al cuore della mostra: una selezione di opere di Alma-Tadema, provenienti da importanti collezioni internazionali, pubbliche e private, dialoga con i materiali archeologici vesuviani che più hanno agito sull’immaginazione dell’artista.
Completa il percorso espositivo una scelta documenti e di arte decorativa del XIX secolo (tavoli, ceramiche), anch’essa ispirata alle scoperte archeologiche e alla rievocazione dell’antico.
Gli Enti promotori della mostra sono: il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, la Regione Campania, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Campania, la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta, la Soprintendenza Archeologica di Pompei.
Il catalogo della mostra è edito dalla casa editrice Electa.