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Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma capitale. L’istruzione primaria

Copertina del libro Scuola e itinerari formativi dallo stato pontificio a Roma capitale. L’istruzione primariNella Sala Alessandrina dell’Archivio di Stato di Roma giovedì 29 gennaio 2009, alle ore 15,00, sarà presentato il libro, a cura di Carmela Covato e Manola Ida Venzo, dal titolo Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma capitale. L’istruzione primaria.

Interverranno Gaetano Bonetta, Francesca Cantù e Micaela Procaccia. Porgeranno il loro saluto Luciano Scala, Direttore Generale per gli Archivi, e Francesco Susi, Preside di Scienze della Formazione – Università Roma Tre.

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Il volume si propone di offrire una visione complessiva della storia dell’istruzione primaria, tanto a livello diacronico – dall’età dei Papi al primo Novecento – quanto a livello territoriale – prendendo in esame il divario tra la città, la campagna e i piccoli centri.

Grazie all’apporto di autorevoli studiosi e di giovani ricercatori, affiorano in tal modo situazioni, figure e pratiche didattiche di una tradizione secolare, spesso di impronta confessionale, che subì una metamorfosi più pubblica e laica quando Roma divenne capitale del nuovo Stato.

Le curatrici hanno inteso  focalizzare, su un arco temporale di lunga durata, le continuità e i mutamenti che interessarono il sistema educativo.
Fra Cinque e Seicento si assiste alla diffusione nell’area romana di un’alfabetizzazione estesa a diversi strati sociali ad opera del processo di confessionalizzazione e di intervento sociale portato avanti dalla Chiesa attraverso le scuole di base e gli istituti di assistenza. Questa compenetrazione tra l’elemento religioso e l’elemento civile aveva come risvolto positivo quello di diffondere su tutto il territorio una molteplicità di scuole primarie, tenute soprattutto da religiosi, che insieme alla dottrina cristiana offrivano rudimenti di lettura e di scrittura.

Se Roma però poteva vantare una diffusione capillare e differenziata di tali scuole, la situazione si presentava notevolmente diversa già alle porte della città, e sacche di incultura e di degrado persistevano nelle aree paludose dell’agro.
Diversa ancora si presentava la situazione nei piccoli centri, dove i consigli municipali eleggevano per ballottaggio i maestri e pagavano loro un appannaggio mensile. Spesso i cosiddetti “legati pii”, cioè lasciti testamentari a favore dell’istruzione, integravano le magre risorse comunali dando la possibilità ai giovani del luogo di intraprendere gli studi.
Su tali contraddizioni e sulla necessità di laicizzare l’insegnamento si appunteranno gli sforzi del nuovo Stato unitario e delle intellighenzie culturali e progressiste.

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