A Barletta (BA), Palazzo Marra, sede della Pinacoteca de Nittis, dal 4 marzo al 5 giugno 2011 è aperta al pubblico la mostra “Incanti e scoperte. L’Oriente nella pittura dell’Ottocento italiano“, a cura di Emanuela Angiuli e Anna Villari. In esposizione un centinaio di opere.
Gli echi della spedizione di Napoleone in Egitto, i resoconti di esploratori, faccendieri e ardimentosi avevano infiammato la fantasia del Vecchio Continente. Le cronache di piaceri proibiti, odalische, harem, hammam avevano fatto il resto. Poi c’era la voglia di saperne di più, di scoprire e capire terre geograficamente non tra le più lontane, eppure distanti per cultura, storia, atmosfere. Una malia che stregò molti artisti, alimentata da committenti altrettanto presi dal fascino di un Oriente vicino e allo stesso tempo lontanissimo.
La mostra dà conto di questa ventata d’Oriente in pittura riconoscendo come punto d’avvio, non unico ma certo particolarmente importante, Francesco Hayez. Il veneziano non si mosse dall’Italia tuttavia si lasciò felicemente contagiare dal vento d’Oriente, che colpì anche un altro veneto, Ippolito Caffi, che fece un lungo viaggio tra Costantinopoli, Smirne, Efeso e il Cairo da cui trasse opere memorabili e un gusto che connotò per sempre la sua pittura.
A Parma, prima Alberto Pasini e poi Roberto Guastalla percorrono carovaniere e città. Il secondo lo fa portandosi dietro, oltre a tavolozza, cavalletto e pennelli, anche uno strumento nuovo, la macchina fotografica.
Da Firenze parte alla volta dell’Egitto Stefano Ussi che in quel Paese, subito dopo l’apertura del Canale di Suez, lavora per il Pascià prima di trasferirsi in Marocco con l’amico Carlo Biseo, anch’egli proveniente dalla corte del Viceré d’Egitto. Da questo viaggio i due traggono gli spunti per illustrare, magistralmente, “Marocco” di Edmondo De Amicis.
Al fascino della scoperta soggiacciono Federico Faruffini, Eugenio Zampighi, Pompeo Mariani Augusto Valli, Giulio Viotti, Achille Glisenti, Giuseppe Molteni.
Al contagio dell’Orientalismo non sfugge certo il Mezzogiorno d’Italia. Ne è testimonianza, a Napoli, Domenico Morelli che, senza mai aver messo piede nei territori d’oltremare, descrive magistralmente velate odalische, figure di arabi, mistiche atmosfere di preghiere a Maometto. Visioni esotiche soffuse di raffinato erotismo si ritrovano anche negli oli scenografici di Vincenzo Marinelli, Fabio Fabbi, del siciliano Ettore Cercone e del pugliese Francesco Netti.
La Puglia, tradizionale testa di ponte verso l’Oriente, ritrovò nell’Orientalismo il ricordo di memorie lontane. È un Oriente intimista quello che magistralmente propone Francesco Netti dopo il viaggio in Turchia. I suoi sono dipinti venati dallo stesso “garbo mediterraneo” che si ritrova nelle odalische di Domenico Morelli.
La mostra, accompagnata da un catalogo di Silvana Editoriale, è promossa dalla Regione Puglia-Assessorato al Mediterraneo in collaborazione con Comune di Barletta, con il patrocinio del Dipartimento per lo Studio Delle Società Mediterranee dell’Università di Bari.