Le Scuderie del Castello di Miramare di Trieste, nell’ambito delle celebrazioni per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, dal 17 aprile al 28 agosto 2011 ospitano la mostra “Centocinquant’anni d’arte. Da Fattori a Fontana”.
L’esposizione, curata da Roberto Alberton, presenta un excursus dell’arte italiana del XIX e XX secolo, attraverso 120 opere di maestri quali Boldini, De Nittis, Fattori, Morbelli, Balla, Baj, Campigli, De Pisis, Morandi, Rosai, Sironi, Manzoni, Morlotti, Fontana e molti altri ancora.
La varietà dei linguaggi che hanno animato il mondo dell’arte sin dagli inizi del secolo scorso hanno posto in rilievo come nella rappresentazione artistica si sia realizzata, in quegli anni, una dicotomia tra rappresentazione del mondo reale e quella dell’immagine pensata, tra figurazione e astrazione.
Se da un lato, Lucio Fontana porterà a compimento la lezione astratta, maestri quali de Chirico, Balla e Morandi sono i punti di riferimento dell’arte, non solo italiana, del XX secolo. Se, infatti, la Metafisica dechirichiana può essere considerata la base semantica di molti linguaggi contemporanei, il Futurismo di cui Balla è stato con Boccioni uno dei protagonisti assoluti, è la premessa per lo sviluppo di quei lessici segnico-informali che si sono venuti a declinare a partire dagli anni ’20-’30 sulla scena europea.
La Metafisica e il Futurismo sono gli antefatti su cui poggiano molti aspetti dell’arte contemporanea; tuttavia, per Morandi, alla fine degli anni ’10, il problema vero della pittura era lo spazio. Le sue famose bottiglie, che ha dipinto per tutta la vita, hanno un senso se percepite per quelle che sono veramente, ovvero degli oggetti banali che, proprio per la loro natura non devono distogliere l’attenzione dal punto vero della sua ricerca che era la ricostruzione dello spazio.
Un artista come Carrà rappresenta la complessità dei linguaggi che si sono venuti ad articolare nella prima metà del secolo scorso aderendo dapprima al Futurismo di cui fu, con Boccioni e Marinetti, promotore e grandissimo interprete, poi alla Metafisica di De Chirico e infine a quel Novecento di cui fu un esponente di primissimo piano accanto a Sironi.
Il percorso espositivo propone inoltre le ricerche di altre personalità, da Guidi a Marussig, da Lilloni a Tosi, che raccontano a vario titolo aspetti significativi della figurazione tra le due guerre. Dalle esperienze Cubiste e Informali hanno tratto invece spunto artisti quali il primo Baj, Cassinari, Crippa, Corpora, Milani, Morlotti, Tancredi e Turcato, per sviluppare un proprio personalissimo linguaggio ove il colore è l’elemento determinante del quadro e si fa immagine.
Altro personaggio cardine dell’arte italiana, e non solo, del ‘900 è Piero Manzoni. Se de Chirico rende deserte e svuota le sue Piazze, Manzoni fa lo stesso, togliendo dalle sue tele i colori che l’Informale aveva sparso a profusione. Manzoni sostituisce il colore col gesso grezzo o il caolino che viene steso sulla tela leggermente e variamente raggrinzita. L’opera di Manzoni, che anticipa molti aspetti dell’arte contemporanea, è la ricerca di una libertà assoluta, perché quella ‘piazza’ non sia più deserta, né frequentata da manichini dechirichiani, ma da sculture vive.
Il percorso si conclude idealmente con Lucio Fontana, artefice invece di una nuova spazialità, mediante segni, “tagli” e “buchi”, per mezzo dei quali viene a declinare nell’opera d’arte lo spazio reale, fino ad allora escluso o tutt’al più evocato nella finzione prospettica.
La mostra è organizzata da Galatea Arte Associazione Culturale, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici del Friuli Venezia Giulia.