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Esistenze. La vita e la morte nell’arte messicana contemporanea

Opera di Nicolás de Jesús, particolare

A Genova, al Castello D’Albertis – Museo delle Culture del Mondo – dal 7 aprile al 3 giugno 2012 rimarrà aperta al pubblico la mostra “Esistenze. La vita e la morte nell’arte messicana contemporanea“.

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L’esposizione si propone di mostrare uno spaccato della cultura messicana attraverso lo sguardo di due pittori di origini indigene, Nicolás de Jesús e Gabriel Trinidad, che fanno della loro individualità etnica uno strumento di interpretazione della realtà.

Le opere realizzate dal Maestro Nicolás de Jesús rappresentano il tipico immaginario oltremondano messicano incentrato sulla tradizionale figura dello scheletro o calavera; una figura le cui origini si rintracciano nella tradizione azteca, e che nel corso dei secoli è giunta a costituire una delle immagini più ricorrenti e diffuse sia nell’iconografia popolare che in quella artistica messicana.
A questa tradizione si rifà Nicolás de Jesús, il quale, ispirandosi in special modo all’opera dell’illustratore satirico José Guadalupe Posada, utilizza quest’immagine come strumento di denuncia sociale e politica. Attraverso il suo lavoro, l’artista rivendica la necessità di prendere posizione rispetto al mondo in cui viviamo. L’arte diviene così un momento di profondo coinvolgimento politico e personale attraverso cui l’artista può esprimere le sue più profonde convinzioni etico-morali invitando il pubblico alla riflessione.

I temi che affronta Gabriel Trinidad nelle sue opere sono legati al rapporto dell’individuo con se stesso, con la natura e con la collettività (intesa sia in senso antropologico che politico e sociale). Le figure che appaiono in ogni incisione non fanno più riferimento a un immaginario prestabilito ma rimandano ad un percorso del tutto originale ed autonomo dell’artista.

Le tecniche usate dagli artisti per la realizzazione delle loro opere sono quelle classiche dell’acquaforte e dell’acquatinta.
Il supporto sul quale la maggior parte di esse sono stampate è il “Papel Amate”, un tipo di carta in fibra vegetale ricavata dalla cottura della corteccia di “jonote” bianchi e rossi (Ficus e Ficus cotinifolia padifolia), utilizzata sin dal I sec. a.C nei codici Maya e Aztechi e tutt’oggi prodotta artigianalmente.

La mostra presenterà, inoltre, le opere di Mario Rodríguez, Castulo Marcelino, Cesar Antonio e Nami Yuvi Sánchez.

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