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Molière in bicicletta, un film del regista Philippe Le Guay

Una scena del film Molière in bicicletta

Il film di Philippe Le Guay è un libero adattamento in chiave moderna del “Misantropo” di Molière, con i due antagonisti della commedia a duellare, oggidì, sui modi più appropriati di misurarsi con un testo teatrale (“Il misantropo”, appunto) e con la vita di società. Allora avremo un nuovo Alceste, il campione dell’intransigenza più adamantina e furente: qui una vecchia gloria del teatro classico che, animato da un profondo disgusto verso il mondo del palcoscenico e l’ipocrisia che lo governa, ha scelto di ritirarsi dalle scene e rintanarsi, come un eremita, in una località desolata (l’Ile de Ré, che poi tanto desolata non è…) dove covare il proprio feroce disdegno verso la volgarità dei tempi presenti. E avremo, in funzione contrastiva, un nuovo Filinte, la mite e gentile figura della ragionevolezza, dell’indulgenza, del compromesso, dell’accettazione accomodante della società così come essa è: l’eroe di una serie televisiva immonda (e dunque di grande successo), il quale è anche un uomo di mondo, capace, con il suo fascino discreto, di ammaliare le masse e, nel contempo, di amministrare con oculatezza la propria carriera (e il proprio mediocre talento).

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Al centro dell’azione v’è dunque il confronto tra due caratteri forti: quello, chiuso in se stesso, disilluso, bilioso e lunare, di Serge (il quale, tuttavia, conserva pur sempre il narcisismo smisurato e indisponente di una primadonna) e quello, frivolo, esuberante e spavaldo, di Gauthier (il quale però, dietro ai suoi modi svagati e disinvolti, maschera insicurezze segrete). Due temperamenti antitetici persino sul piano fisico: con la barba di tre giorni e l’aspetto trasandato, Serge somiglia, come ha fatto notare qualcuno, al Céline degli anni più cupi dell’esilio. Per contro, Gauthier ha l’aspetto di un elegantone d’altri tempi, quasi un eroe da operetta.

Il contrasto tra i due si nutre altresì dell’antagonismo professionale tra due commedianti di scuola e di statura assai diverse: il cultore del repertorio classico, che assiste sgomento al tramonto di un’epoca gloriosa e di una cultura, e il divo del piccolo schermo, che, senza aver mai calcato le tavole del palcoscenico, presume di poter interpretare la parte di Alceste, un ruolo che, ricorda Serge, “neppure Jouvet si sentiva pronto a recitare dopo trent’anni di carriera”.

La regia, diligentemente, si muove in punta di piedi, al servizio dei due interpreti principali: Fabrice Luchini, in un ruolo costruito su misura per lui, che gli consente di adottare uno stile di recitazione sempre un poco artefatto, quando non afosamente istrionesco; decisamente più sottile e sfumato il lavoro interpretativo di Lambert Wilson, il quale si diverte, lui un ottimo professionista, a calarsi con malizia nella parte di un attorucolo da quattro soldi.

Il ritratto che Le Guay ci fornisce del milieu teatrale e televisivo – un ambiente subdolo, velenoso, governato da gelosie meschine e meschine rivalità – è poi rischiarato da una certa garbata e sorridente indulgenza (il regista sta dalla parte di Filinte, non v’è alcun dubbio). L’amarezza del film diviene allora ironia affettuosa, malinconica grazia, aerea leggerezza. Il racconto rinuncia alle forzature drammatiche, per adottare una prosa fluida, lineare, punteggiata da gag talora assai divertenti e da dialoghi che sanno essere arguti e intelligenti, senza mai divenire intellettualistici.

La regia riesce a valorizzare appieno il contesto ambientale. Il luogo selvaggio in cui Alceste decideva di esiliarsi dal consorzio sociale è diventato qui un luogo ameno, un paesaggio pittoresco, popolato da un campionario umano bizzarro (la ragazzina che aspira a diventare un’attrice porno, e intanto recita gli alessandrini di Molìere con sorprendente naturalezza; una bella Italiana in guerra con il mondo, a cui i due eroi si proveranno a fare una corte distratta, accidiosa), uno scenario bagnato di una luce indolente (siamo nella stagione invernale), dove la lontananza dai clamori mondani della Capitale può essere vissuta senza eccessivo rimpianto.

Nicola Rossello

Scheda film

Titolo: Molière in bicicletta
Regia: Philippe Le Guay
Cast: Fabrice Luchini, Lambert Wilson, Maya Sansa, Laurie Bordesoules, Camille Japy, Annie Mercier, Ged Marlon, Stefan Wojtowicz, Christine Murillo, Josiane Stoléru
Durata:  104 minuti
Genere: Commedia
Distribuzione: Teodora Film
Uscita: 12 dicembre 2013

 

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