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Piccoli tradimenti, un film di Pascal Bonitzer

Locandina francese del film Piccoli tradimenti“Come si fa a essere ancora comunisti, dopo tutto quanto?”, si chiedono nel film prima Nathalie e poi Béatrice. Bruno, il protagonista, rivendica ancora il proprio impegno politico scrivendo per il giornale del partito e correndo dallo zio comunista, sindaco di una piccola città di provincia, che lo ha mandato a chiamare non già, come egli crede, per affidargli la direzione della nuova campagna elettorale, ma perché ha bisogno di lui per una delicata questione di corna. Di fatto, la stagione dei grandi ideali è tramontata. Le illusioni del passato, per Bruno come per Pascal Bonitzer, si sono appannate. Del resto, qui non è questione di fede ideologica: qui sono in gioco il discorso del desiderio e il rapporto con il femminile.

Piccoli tradimenti è il ritratto di un uomo pavido, mediocre e infantile, un seduttore irresoluto che fatica a orientarsi tra le sue molteplici avventure galanti, dove esibisce una sorta di accanimento maldestro, incapace com’è, nel suo modo di relazionarsi con l’altro sesso, di stabilire un rapporto affettivo duraturo con le donne da cui si scopre turbato, ma incapace altresì di accettare l’affetto di chi, come Nathalie o Anne, mostra di amarlo, e che lui invece usa come un oggetto sostitutivo dell’amore assente, che continua a sfuggirgli. Bruno diviene così la vittima sacrificale – per nulla innocente – del puro disordine dei suoi desideri, desideri che, ignari di qualsivoglia disciplina o freno morale, lo espongono a una serie di equivoci crudeli e penose situazioni (le piccole ferite –  non solo fisiche – del titolo originale). Per contro, le figure femminili nelle quali il protagonista s’imbatte conservano nel film qualcosa di sconcertante, di bizzarro, di “altro”, nella loro stessa incapacità di resistere al fascino che Bruno esercita su ciascuna di esse.

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Béatrice, in particolare, si rivela un personaggio decisamente ambiguo: una figura forse salvifica (nomina sunt omina), forse distruttiva; certamente inquietante, soprattutto quando assume, nei confronti di Bruno, le vesti della Madre dispotica, costringendo l’uomo a scuotersi dal suo insano torpore, per trascinarlo in un vagabondaggio periglioso e imprevedibile lungo sentieri incogniti, dove egli è destinato fatalmente a perdere il controllo sugli eventi. Un’erranza che rischia di apparire, sulle prime, un itinerario di perdizione (la donna, per metterlo alla prova, giungerà a chiedergli se è disposto a uccidere il patrigno-amante di cui essa vuole liberarsi), per rivelarsi da ultimo un percorso di espiazione dalle proprie colpe al termine del quale Bruno potrà dare una svolta decisiva alla sua vita, sottraendosi al malessere che lo snerva e costruendosi infine come un soggetto autonomo, con una propria identità matura (anche se le parole che Béatrice gli rivolge nel loro ultimo colloquio sono poco rassicuranti: “Lei non mi dà l’impressione che sia cambiato molto. Non si cambia mai”).

L’incontro tra Bruno e Béatrice è l’asse principale del racconto. Esso si consuma in un contesto lunare, stregato, governato com’è dalla logica del sogno e del fantastico. Una foresta dove l’eroe si smarrisce (e il suo smarrimento non è solo fisico); una dimora isolata, abitata da personaggi poco ospitali, ostili; una passeggiata notturna in mezzo alla nebbia; le rovine di un antico maniero: sono gli elementi di uno scenario fiabesco all’interno del quale l’odissea di Bruno s’intride di risonanze sinistre.

La struttura del racconto presenta un andamento esuberante e sinuoso, suscettibile di scatti, svolte, ritorni, dove il gioco vorticoso delle allusioni, delle corrispondenze, dei richiami interni (un rossetto, un anello, una lettera, una pistola passano in continuazione di mano in mano) segue la logica dell’accumulo e della ripetizione. La studiatissima composizione ad arabesco (Bonitzer, prima di passare alla regia, è stato un ottimo sceneggiatore) non rinuncia a magistrali coups de théatre (si pensi alla scena del camposanto immediatamente successiva a quella in cui Bruno si becca un colpo di pistola: lo spettatore dà l’uomo per morto; e invece eccolo là, riapparire vivo e vegeto: il funerale che abbiamo visto in campo lungo non era il suo), virando talora, ironicamente, verso ingannevoli coloriture noir à la manière de Chabrol. Sennonché, come fa notare Béatrice, qui “non siamo in un dramma; piuttosto in un vaudeville”. E del vaudeville – sia pure di un vaudeville anomalo, dove l’andamento delle scene e il congegno dei personaggi sono talora drammatici – il film conserva il ritmo dinamico e la felicità leggera e inesauribile della narrazione, la meccanica ben oliata degli equivoci e delle agnizioni, il distacco sornione e derisorio dello sguardo dell’autore, l’eleganza beffarda dei dialoghi (dove permane talora qualcosa di letterario).

Nicola Rossello

Scheda film

Titolo: Piccoli tradimenti
Regia: Pascal Bonitzer
Cast: Daniel Auteuil, Kristin Scott Thomas, Pascale Bussières, Ludivine Sagnier, Jean Yanne, Hanns Zischler, Catherine Mouchet, Emmanuelle Devos
Durata:  95 minuti
Genere: Drammatico
Distribuzione: Lady Film
Uscita: 22 Agosto 2003

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