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Secessione e Avanguardia. L’arte in Italia prima della Grande Guerra

Umberto Boccioni, Idolo moderno, 1911
Umberto Boccioni, Idolo moderno, 1911

A Roma, alla Galleria nazionale d’arte moderna, dal 31 ottobre 2014 al 15 febbraio 2015 è in programma la mostra “Secessione e Avanguardia. L’arte in Italia prima della Grande Guerra 1905-1915”.
L’esposizione, a cura di Stefania Frezzotti, intende approfondire quel momento di particolare fervore innovativo nella cultura artistica e letteraria italiana immediatamente precedente la prima guerra mondiale.

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L’esposizione prende l’avvio dal 1905, anno in cui Severini e Boccioni organizzano nel Ridotto del Teatro Nazionale di Roma la Mostra dei Rifiutati.
Le esigenze di rinnovamento e di apertura internazionale si polarizzano fra il 1908 e il 1914 a Venezia e a Roma, nelle manifestazioni di Ca’ Pesaro e della Secessione Romana.
Dalle attività espositive di Ca’ Pesaro emergono artisti che imprimeranno un segno significativo nel panorama italiano, fra i quali Gino Rossi, Tullio Garbari, Ubaldo Oppi, Vittorio Zecchin, Guido Marussig, Arturo Martini e Felice Casorati. La varietà dei riferimenti del gruppo di Ca’ Pesaro spazia dalla secessione viennese al primitivismo, dal paesaggismo nord-europeo a Gauguin e al sintetismo di Pont-Aven, ma anche al nuovo rappresentato dalle opere pre-futuriste di Boccioni, al quale nel 1910 viene dedicata una mostra individuale.

La Secessione romana denuncia fin dal titolo la volontà di riallacciarsi programmaticamente agli analoghi movimenti di area tedesca e austriaca, ma si propone anche come una più ampia rassegna delle recenti esperienze artistiche contemporanee europee: dalle esperienze post-impressioniste francesi al gruppo austriaco capeggiato da Klimt, ai russi appartenenti al Mir Iskusstva. Anche a Roma, come a Venezia, emergono tendenze diverse: dalle interpretazioni elegantemente mondane del divisionismo di Innocenti, Noci, Nomellini, alle novità plastiche di Roberto Melli, fino a comprendere gli artisti stessi provenienti da Ca’ Pesaro, Rossi, Martini, Casorati, Zecchin.

La dirompente novità dei futuristi, ambiguamente emarginati dalle secessioni romane, trova una nuova sede espositiva nella Galleria permanente futurista di Giuseppe Sprovieri, che nel 1914 accoglie ancora una volta Martini e Casorati, nonché esponenti europei dell’astrattismo e futurismo, saldando definitivamente la circolarità espositiva delle nuove tendenze.

Ca’ Pesaro e Secessione Romana rappresentano, quindi, i poli di un’avanguardia ‘moderata’, contrapposta, non senza contraddizioni, all’avanguardia radicale del futurismo, che intende incidere in maniera rivoluzionaria sul linguaggio artistico e sulla realtà sociale e politica.

La mostra della Galleria nazionale d’arte moderna si chiude sulla tabula rasa che il conflitto mondiale attua nei confronti di ogni aspirazione avanguardista, inglobandone lo slancio vitale. All’entusiastico interventismo futurista si contrappone la poetica del silenzio e dell’assenza del primo De Chirico.

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