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Beat Kuert in mostra a Palazzo Bembo di Venezia

Beat Kuert, Caterina Blood 1aa © Beat Kuert
Beat Kuert, Caterina Blood 1aa © Beat Kuert

Nello storico palazzo Bembo, sul Canal Grande di Venezia, dal 13 maggio al 26 novembre 2017, in occasione della LVII Biennale d’arte, è possibile ammirare una grande installazione del regista e artista multimediale svizzero Beat Kuert.

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L’esposizione, dal titolo Good Morning Darkness, è parte del progetto Personal Structures – Open Borders, organizzato da European Cultural Centre, in collaborazione con Dust & Scratches, laboratorio creativo dell’artista.

Good Morning Darkness è un’opera creata appositamente per l’appuntamento veneziano e si compone di 30 fotografie digitali in bianco e nero che vivono lungo la sottile linea dialettica che lega il buio alla luce.
È proprio il buio l’elemento in cui le fotografie di Beat Kuert prendono vita e si presentano nel loro stato originale. Come in una camera oscura le immagini raggiungono la loro forma definitiva, al termine di un processo dinamico che le porta a raccontare una storia, quasi si trattasse di un filmato. L’allestimento, costruito da una tripla striscia di fotografie che si specchiano in due immagini di grandi dimensioni a colori, aiuta il visitatore a immergersi in questa atmosfera cinematografica.

«Le mie immagini alla Biennale di Venezia sono scure, e molto vulnerabili sono come pensieri che sorgono e volano via – afferma Beat Kuert -. Ho montato le mie immagini come su un nastro, una dietro l’altra così vicine che parzialmente si fondono. Se li proviamo a seguire con gli occhi, si muovono, e formano una sorta di film, una storia che, mi auguro, saprà poi creare nuove immagini e nuovi universi di nuovo».

Benché si manifestino in bianco e nero, le opere di Beat Kuert si possono definire come falsi monocromi, in cui si percepisce tanta luce; ad esempio, in uno scatto, il bagliore di una sigaretta serrata tra le dita di una ragazza produce una curva luminosa che tocca terra per poi elevarsi a lambire il secondo soggetto, che si scorge solo in parte; o ancora, la luce è una pioggia che bagna due astanti, mentre la fonte luminosa si produce caravaggescamente da una finestra.

La mostra, curata da Francesca Martire, è accompagnta dal volume “Beat Me. A pictorial requiem to hallucination and desire” (Eyemazing editions).

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