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Pompei, 270 anni dalla scoperta. Nuovi scavi riportano alla luce reperti e strutture

Pompei

Sono trascorsi 270 anni da quando un ritrovamento fortuito di alcuni reperti portò alla scoperta dell’antica Pompei. Era il 23 marzo 1748. Inizialmente identificata con la città di Stabiae, solo nel 1763 ci si rese conto che si trattava di Pompei.

In occasione di questo importante anniversario, sono stati presentati i nuovi scavi avviati recentemente in una parte della Regio V.
L’intervento in corso è pertinente a una superficie di oltre 1000 metri quadrati, il cosiddetto “cuneo”, posto tra la Casa delle Nozze d’Argento e la Casa di Marco Lucrezio Frontone.

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Il cantiere rientra nel più grande intervento di messa in sicurezza dei fronti di scavo, che delimitano l’area non scavata di Pompei, di circa 22 ettari. Oltre 2,5 km di muri antichi saranno messi in sicurezza, mentre l’area non scavata alle spalle dei fronti di scavo, nelle Regiones I-III-IV-V-IX, sarà oggetto di intervento di mitigazione del rischio idrogeologico, che assicurando un adeguato drenaggio del suolo consentirà di ridurre la spinta del terreno sui muri antichi, problema particolarmente insistente nel periodo delle piogge.

L’intervento globale su tutti i fronti della città antica rientra nel Grande Progetto Pompei e durerà circa due anni per un costo complessivo di circa 8,5 milioni di euro. I lavori procederanno per sottocantieri al fine di continuare a garantire la fruibilità del sito.

Lo scavo del cuneo sta portando alla luce strutture e reperti di ambienti privati e pubblici che contribuiranno ad arricchire la conoscenza del sito e lo stato di avanzamento della ricerca archeologica.
Il primo stadio di intervento ha previsto la rimozione di tutta quella parte di terreno proveniente dagli scavi di fine ‘800 e ‘900, che veniva riversato nella zona del cuneo.
Al di sotto di questi livelli è stata riportata in evidenza la stratigrafia vulcanica, con il livello di cenere sovrapposto agli strati di lapillo.
Tra gli ambienti al momento emersi in adiacenza alla Casa della Soffitta, è stata individuata un’area aperta, probabilmente destinata a giardino, la cui funzione potrà essere meglio definita grazie a indagini e analisi paleobotaniche che il Parco Archeologico di Pompei condurrà contestualmente allo scavo. Nell’angolo sud-orientale di questo spazio già affiorano alcune anfore, di cui si sta studiando la tipologia e il contenuto.
Poco oltre, sta emergendo il vicolo che partendo da via di Nola fiancheggiava la Casa delle Nozze d’Argento. Leggermente in salita, si presenta nella sua originaria configurazione con lo zoccolo dei marciapiedi e gli ingressi degli edifici che vi si affacciavano.
Nel Vicolo delle Nozze d’Argento stanno venendo alla luce alcune strutture archeologiche, tra le quali l’ingresso di una domus, con pareti affrescate a riquadri su fondo rosso con al centro l’immagine dipinta di una coppia di delfini.

«Si torna a scavare a Pompei su vasta scala, ma soprattutto con l’impiego di strumenti di nuova tecnologia messi al servizio dell’archeologia (dal drone al georadar) e il supporto di un team interdisciplinare – afferma Massimo Osanna, Direttore Generale del Parco archeologico di Pompei –. Oltre ai tecnici della conservazione, anche vulcanologi, paleobotanici, antropologi e archeozoologi. Questo confronto costante di professionalità consentirà di documentare in modo approfondito ogni fase di scavo e comprendere tutti gli aspetti che contribuiscono alla ricostruzione della vita e del paesaggio vesuviano al 79 d.C..
La messa in sicurezza globale dei fronti di scavo e l’indagine del cuneo – continua Osanna – rappresentano il più grande intervento nell’area non scavata di Pompei, dal dopoguerra. Finora si era sempre proceduto per piccoli interventi di tamponamento nei punti più critici. Oggi si sta procedendo in maniera radicale al consolidamento dei fronti e all’individuazione di una soluzione definitiva al problema dell’acqua che si accumula nei terreni. Entro il 2019 l’area archeologica di Pompei sarà interamente consolidata».

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