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“Rubens a Genova”, in mostra l’arte del grande maestro del Barocco

P. P. Rubens, Violante Maria Spinola Serra, 1607 ca., olio su tela, 129,54×101,60 cm. © The Faringdon Collection Trust, Buscot Park, Oxfordshire
P. P. Rubens, Violante Maria Spinola Serra, 1607 ca., olio su tela, 129,54×101,60 cm. © The Faringdon Collection Trust, Buscot Park, Oxfordshire

Gli anni del soggiorno di Rubens in Italia vanno dal 1600 al 1608. In quel lasso di tempo egli fu a più riprese a Genova al seguito di Vincenzo I Gonzaga, duca di Mantova, al cui servizio svolgeva le funzioni di pittore di corte. La città ligure viveva in quel primo Seicento la stagione del suo massimo splendore economico, culturale e artistico. Essa «si presentava al fiammingo come città di torri, chiese e palazzi. Città di famiglie. Scrigno di meraviglie» (Anna Orlando). La fastosa ricchezza delle sue residenze patrizie ammaliò il giovane artista, che prese a riprodurne le facciate in una serie di disegni, gli stessi che verranno poi a comporre un libro, Palazzi di Genova, pubblicato nel 1622 ad Anversa, che mirava a magnificare l’eleganza dell’edilizia nobiliare genovese.

A quattro secoli esatti da quella pubblicazione, la mostra “Rubens a Genova“, aperta al pubblico dal 6 ottobre 2022 al 22 gennaio 2023 a Palazzo Ducale, si propone di documentare i rapporti tra la Superba e il grande maestro del Barocco, collegandosi idealmente alle numerose altre rassegne che negli ultimi decenni hanno inteso celebrare il “Siglo de los Genoveses”: quella, indimenticabile, del 1992, Genova nell’età barocca; quelle incentrate sui principali campioni del Seicento genovese (Strozzi, il Grechetto, Fiasella…); quelle, naturalmente, che illustravano il soggiorno di Van Dyck nella città ligure.

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Curata da Nils Büttner e Anna Orlando, la rassegna riunisce un consistente gruppo di dipinti realizzati da Rubens negli anni della sua permanenza in Italia e in quelli immediatamente successivi (il maestro anversano conservò buoni rapporti con la Repubblica anche dopo il suo definitivo ritorno nelle Fiandre), molti dei quali provenienti da musei esteri e prestigiose collezioni private (tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento le fortune finanziarie di molte famiglie genovesi conobbero un rapido declino e alcune raccolte, smembrate e disperse, andarono ad arricchire le migliori quadrerie di tutto il mondo). In mostra sono esposte altresì opere di pittori che Rubens ebbe modo di conoscere e studiare in quegli anni (da segnalare, in particolare, la bella sezione dedicata a Luca Cambiaso; la Orlando: «Cambiaso àncora al mito il suo tripudio di forme e nudi e racconta una sensualità forte che certamente dovette colpire e ispirare Rubens»), nonché una parata di disegni, incisioni, libri (l’edizione originale dei Palazzi di Genova, naturalmente), arazzi, sculture, argenti, gioielli, a testimonianza dell’opulenza raggiunta dalle grandi casate genovesi nel primo Seicento.

A Genova Rubens frequenta la nutrita colonia di pittori fiamminghi attivi in quegli anni nel capoluogo ligure: Frans Pourbus il Giovane, Cornelis De Wael, Guilliam Van Deynen, Frans Snyders, Jan Wildens (di quest’ultimo Rubens realizzerà un arguto ritratto a mezzo busto), tutti qui presenti con loro opere; e stabilisce un rapporto proficuo con le più rappresentative e influenti famiglie del patriziato locale (i Doria, gli Spinola, gli Imperiale, i Pallavicino), trovando in esse dei committenti colti, capaci di riconoscere e apprezzare appieno il suo talento pittorico. Rubens sarà incaricato di lavorare a pale d’altare di grande formato, e di dipingere quadri a soggetto mitologico (da segnalare il dittico con le due monumentali figure di Ercole e Deianira, provenienti dalla Galleria Sabauda di Torino, e Venere, Cupido, Bacco e Cerere, da Kessel, una tela ricca di richiami alla scultura classica), o sacro (in mostra v’è pure un bel San Sebastiano medicato dagli Angeli, di sapore ancora classicista, e due sensuali versioni di Susanna e i vecchioni, da Roma e Torino), ma soprattutto solenni ritratti di rappresentanza, dipinti nei quali l’intento celebrativo – quello di un’aristocrazia che aspirava a offrire di sé un’immagine di magnificenza e splendore – non era mai disgiunto dall’individuazione psicologica delle figure (in mostra primeggia un bellissimo Ritratto di Violante Maria Spinola Serre, proveniente dall’Inghilterra; ma da notare anche quello di Giovanna Spinola Pavese, conservato a Bucarest, e il delizioso doppio ritratto di Geronima Spinola con la nipote Maria Giovanna Serra). Una produzione di alto livello qualitativo, attraverso la quale Rubens giunge a elaborare un eloquio nuovo e personale che, volgendo le spalle all’attica compostezza e alla luminosa armonia della pittura classicista bolognese, come pure alle suggestioni del realismo caravaggesco, apre la via all’esuberanza lussuosa e sensuale del Barocco.

Emergono capolavori epocali. Su tutti, lo strepitoso Ritratto di Gio. Carlo Doria a cavallo (il quadro si può ammirare nella vicina galleria di Palazzo Spinola), un’opera spettacolare, di potente dinamismo spaziale, con quello splendido cavallo bianco in procinto di impennarsi e quasi di uscire dalla cornice del dipinto per travolgere l’osservatore; e la Circoncisione, del 1605, ospitata sull’altare maggiore della chiesa del Gesù, a due passi da Palazzo Ducale: altro capolavoro di straordinario dinamismo formale e compositivo, con l’inconsueta soluzione dello scorcio dal basso, teso a conferire forza drammatica al tripudio degli Angeli in volo nella parte superiore della tavola.

Proprio attraverso queste opere Rubens eserciterà un’influenza decisiva sulla nuova generazione di artisti locali, i cui migliori esponenti (Strozzi, in primis, in mostra con un Ritratto virile, proveniente da Pisa) rileggeranno con profitto la grande pittura del maestro fiammingo e ne assorbiranno le invenzioni compositive, lo stile carnale e sensuale, ricco di densità e spessori, gli accesi cromatismi, per sottrarsi ai dettami della tradizione tardomanierista toscana e lombarda allora imperante.

«A Genova, Rubens accese una rivoluzione… Con lui a Genova nasce il Barocco» (Vittorio Sgarbi).

Nicola Rossello

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